[singlepic=1868,250,170,,left]L’intervista – Key West – Quello di Peter Reggio è senza dubbio uno dei nomi più conosciuti nel mondo dell’agonismo velico di alto livello. Luigi, infatti, è considerato il Presidente di Comitato per eccellenza sia da parte dei velisti, che sanno di poter avere con lui un dialogo aperto e sincero, sia da parte degli addetti ai lavori, che gli riconoscono l’innata capacità di saper gestire al meglio anche gli eventi più complessi.
Continui attestati di stima, che lo hanno portato dalla Coppa America alle Olimpiadi, passando attraverso eventi come le Louis Vuitton Pacific Series, il Mondiale Melges 24, il Mondiale Farr 40 e l’RC44 Championship Tour.
Per conoscere meglio il personaggio, pubblichiamo la traduzione di un’intervista rilasciata da Peter Reggio al sito web Offshore Rules. La traduzione è curata dalla nostra redazione, ci scusiamo in anticipo per eventuali errori.
OR: E’ corretto definirti come uno dei professionisti di maggior profilo sulla scena della vela internazionale?
PR: Sfortunatamente. [RIDE] A essere onesti non do molta attenzione a questotipo di cose. La reputazione, se vogliamo chiamarla così, deriva dal fatto che qualche persona ha apprezzato il lavoro che ho fatto in passato. Ma la realtà è che tutto può venir dimenticato in una sola regata.
OR: Visto lo stress e la pressione che eventi come l’America’s Cup comportano, siamo affascinati da come tu riesca a sopportare tutto ciò? Come sei arrivato dove sei adesso?
PR: Come ben sapete, sono un velista e un agonista da sempre. Ho fatto il velaio alla North Sails e ho trascorso alcuni anni alla Sobstad a cavallo tra i settanta e gli ottanta. Sono diventato Giudice di Regata seguendo alcune regate zonali e credo che le cose si siano evolute in un certo modo pertchè, essendo stato un marinaio, ho impostato la mia attività in modo un pò diverso.
OR: Quali sono le differenze di cui parli? Maggior comunicazione con i regatanti?
PR: Beh, la comunicazione non è qualcosa che ho introdotto dall’inizio. Fa parte della successiva evoluzione. Diciamo che non sono abbastanza intelligente da aver pensato qualcosa del genere sin dal principio. Il mio approccio è sempre stato quello di impostare le regate come avrei voluto fossero se in acqua ci fossi stato io. Se ne deduce che, di solito, non veniva fatto così.
OR: Oggi, però, non regati più come allora. Com fai a sapere ancora cosa vogliono i velisti?
PR: Credo di sapere ciò che vogliono. Anzi, spero di sapere ciò che vogliono.Nel corsop degli anni ho imparato molto sui regatanti e quando ci incontriamo discutiamo sulla direzione che sta prendendo la vela e sui problemi che ci sono. Credo che sia importante ascoltare le persone che sannno di cosa parlano e dalle loro parole capisci cosa c’è che non va.
OR: Come capisci se una regata che stai amministrando ha successo?
PR: Se tutti si divertono.
OR: E come fai a rendertene conto?
PR: beh, ci sono sempre persone che non sono soddisfatte perchè non le soddisfa la loro posizione in classifica. Non devi avertene troppo a male. Devi solo capire che le cose non potranno mai essere perfette. Una cosa che ho imparato nel corso degli anni è che i velisti sono invlini al perdono. Se fai un errore, alza le mani e dì “Mea culpa” prima ancora che siano loro a venire da te e loro ti diranno “Ok, è sufficiente”. Troppe persone cercano di nscondersi dietro giri di parole o dietro le regole. Fare così è il modo più rapido per perdere la stima dei velisti.
OR: Come ci si sente quando un equipaggio protesta il Comitato di Regata?
PR: Non me ne preoccupo. Fa parte del gioco. Personalmente credo che la riparazione sia una delle cose più belle di questo sport. Credo che aggiunga un ulteriore elemento di equità che molti sport non hanno. Certo, molti sport utilizzano l’instant replay, ma noi abbiamo la riparazione. Sono un grande supporter di questa regola. Certo, a volte capitano richieste che sono davvero incomprensibile, ma basta riderci su e andare avanti. Non c’è nulla di personale.
OR: Quando ti viene chiesto di lavorare ad un evento, cosa fai per prima cosa? Hai un team che lavora sempre con te?
PR: Non è possibile, perchè viaggio moltyo, in tutto il mondo. Comunque sia, nel corso degli anni, ho sviluppato rapporti di collaborazione con alcuni personaggi sui principali campi di regata e so che sono in grado di lavorare davvero bene per me. E’ bello vedere che su un certo campo, hai sempre lo stesso posa boe… e quando questo non succede, chiedersi perchè non c’è.
[singlepic=1869,250,170,,left]OR: Quali sono gli elementi chiave per poter condurre una regata al meglio?
PR: Il posa boe è senza dubbio l’uomo chiave. Io potrei essere Madre Teresa, ma se chi mette la boa non è bravo, agli occhi della gente divento il diavolo. Sono questi ragazzi che permettono che tutto avvenga per il meglio. Alcuni Presidenti di Comitato credono che siccome sono loro a presiedere la Barca Comitato il mondo giri attorno a loro. Niente di più sbagliato.
OR: L’ego è importante per essere un buon Presidente di Comitato?
PR: Onestamente, si. Non fraintedermi, intendo: devi avere fiducia in te stesso e nelle tue capacità. Ma ciò che vedo sono le persone fallire perchè ricercano la perfezione assoluta. Non è una cosa ottenibile e quando non riscono si difendono dietro strani comportamenti difensivi.
OR: Quando senti maggior pressione? In eventi frequentati dai professionisti, tipo il circuito TP52, o quando sei impegnato su flotte miste?
PR: Gli eventi frequentati dai soli professionisti sono i più facile. Ma a dire la verità non mi sono mai sentito sotto pressione negli ultimi anni.
OR: Stai dicendo che non senti la pressione?
PR: A pensarci bene è davvero strano. Nei grandi eventi come la Coppa America, il Mondiale Farr 40, il TP52 posso affermare tranquillamente di non aver mai sentito la pressione. Solitamente mi diverto molto. Un pò di pressione l’ho sentita alle Olimpiadi in Cina. Ricordi il giorno della Medal Race che non abbiamo regatato perchè non c’era aria? Allora ho sentito la pressione. Accanto a me sentivo dire “dobbiamo andare… dobbiamo andare… dobbiamo andare” e io rispondevo “non è corretto… non è giusto… non va bene”. La pressione, con un’organizzazione di quel tipo, nasce dal fatto di non sapere a chi rivolgerti per dirgli di smetterla e di lasciarti lavorare. Come poi è successo, abbiamo regatato il giorno successivo, con tanta aria e tutti erano contenti.
OR: E’ un tipo di pressione che ti tiene sveglio la notte?
PR: No. Devi capire: come può esserci pressione se si tratta semplicemente del mio lavoro?
OR: Che programmi hai per il 2009?
PR: Sono appena tornato dalle Louis Vuitton Pacific Series e devo occuparmi di sei eventi RC44 in Europa, nove eventi negli Stati Uniti, il Mondiale Farr 40 più altre cose che so subentreranno in corso d’opera. Il calendario si riempirà in fretta. Lo scorso anno sono stato a casa solo sette settimane.
OR: Qual’è la parte peggiore del tuo lavoro?
PR: I viaggi possono essere davvero duri. Ma in tutta onestà è davvero un piccolo prezzo da pagare per fare un lavoro che amo moltissimo. Spero duri davvero a lungo.
DISCOVERING PETER REGGIO
[Source Offshore Rules] When it comes to running the races at major yachting events across the globe, one name is consistently at the top of the list of people to call. Peter ‘Luigi’ Reggio has ticked the boxes on all of the big regattas – America’s Cup, Olympics, TP52 MedCup, RC44 European Circuit, Farr 40 Worlds, Melges 24 Worlds….and so the list goes on. His unique expertise reputation for fairness and open dialogue with the competitors makes him a popular choice with regatta organisers and sailors alike.
We caught up with him last month in Key West, where he was on a busman’s holiday having been roped into some mark boat duties. Last year he spent just seven weeks at home and when we sat down with him to find out more about what makes him tick he was just hours away from a flight to Auckland, New Zealand where he was due to run the Louis Vuitton Pacific Series.
OR: Is it fair to describe you as the most high profile PRO on the major regatta scene right now?
PR: Unfortunately. [LAUGHS] To be honest with you I really don’t pay much attention to that sort of stuff. The reputation, if you can call it that, is based on the fact that some people made some nice comments about the job I have done in the past. But the truth is that can all fall apart in one race.
OR: Given the obvious pressure and stress associated with running the racing at events like the America’s Cup and the other events you run, we wondered why you want to put yourself through all that? How did you get to be where you are now?
PR: Well you know I have sailed and raced all my life and I was a sail maker for a short while at North and I spent a good deal of time at Sobstad in the seventies and early eighties. The race officer thing just really evolved from me doing some local stuff and because I was actually a sailor I just did things a little differently.
OR: What were those differences? More communication with the competitors?
PR: Well the communication thing was not something I came up with. I was just part of the evolution. I’m not smart enough to think something like that up. My approach was simply to run the racing how I would want to have it run if I was racing. Back then that wasn’t generally how it was done.
OR: Given that you don’t do much racing yourself now how do you keep up with what the sailors want?
PR: Well I think that I do know what they want. Well God I hope I know what they want. Over the years I’ve got to know a lot of the sailors and we talk all the time about what’s going on and what problems there are. I believe you just have to listen to people who know what they are talking about in this sport and they will tell you what’s wrong.
OR: How do you judge the success of a regatta that you run?
PR: Everybody has fun.
OR: And how do judge that?
PR: Well you are always going to have people who find fault in what you do because it doesn’t suit their finishing position. It’s not that you have to be a hard ass about it. You just have to realise that things will never be perfect. One of the things I have found over the years is that sailors are very forgiving. When you make a mistake you hold your hands up and say ‘mea culpa’ before they even start coming at you and they just say ‘OK fair enough.’ A lot of people unfortunately try to talk their way out of issues or hide behind the rules to protect themselves. Doing that is the quickest way to lose the sailors respect.
OR: How does it feel when a team puts in a protest against the race committee?
PR: It doesn’t bother me. It’s part of the game. Personally I think that redress is one of the best things in the world for this sport. I think it adds an additional element of fairness that quite frankly a lot of other sports don’t have. Sure some sports might have instant replay but we have redress. I’m a big fan. Sure some people put in some claims that are a bit ‘out there’ but you just laugh it off and move on. None of it is ever personal.
OR: When you are asked to run the racing at a big regatta what do you do first? Do you have a regular team that you use for the key roles?
PR: I’m a little bit unusual in that respect in that because I travel so much I don’t take a team with me. Howver over the years I have developed certain people in places around the world that I know will do a good job for me. Like I might go to an event and be pleased to see the same mark boat team as the previous time….or I might ask that they are not there.
OR: And what do you regard as the key roles for running a good regatta in the water?
PR: Well for me the mark boat people are actually crucial to the whole thing. I mean I can be Mother Theresa but if they don’t get their job right I look like the Devil himself. Those guys are the ones who make it all happen. Some PRO’s believe that because they are standing on the signal boat that the world centres around them. No way.
OR: Is ego a big factor in the PRO game?
PR: To be honest with you, yes. Don’t get me wrong, I have an ego – you have to be confident in your own ability. But what I see is people who set themselves up to fail by striving for absolute perfection. It’s absolutely unattainable and it drives them to some strange defensive behaviour when they don’t achieve it.
OR: Where do you feel the most pressure? Is it at the fully pro TP52 style events or the larger ‘mixed ability’ championship fleets?
PR: The fully pro events are the easiest. By the way I don’t think I have really felt under pressure for the last several years.
OR: You are saying you don’t feel pressure?
PR: [THINKS] It’s weird actually now I come to think of it. At the big events I’ve done like the AC, Farr 40 Worlds, TP52 and so on I can honestly say I have never felt pressure. I’m actually having too much fun. The one time I can remember feeling some pressure was at the Olympics in China. The Medal Race day that we didn’t race? I did feel pressure then. I was hearing ‘we gotta go..we gotta go…we gotta go…’ and I was saying ‘It’s not right…it’s not fair…it sucks.’ The problem with that particular organisation was that you knew the pressure was there you just couldn’t find who to point at and say ’Get off my back!’ As it happened we ran the race the next day and there was plenty of wind and everyone had a blast!
OR: Does that sort of pressure keep you awake at night?
PR: No. You’ve got to understand – how can there be pressure when it’s just my job?
OR: Tell us about your programme for 2009.
PR: After I get back from Auckland and the Louis Vuitton Pacific Series I have the RC44 six event series around Europe, nine NOOD Regatta in the US, Farr 40 Worlds, plus some other stuff that I know will come into the programme as we go along. It always gets busy. Last year I was a home for jut seven weeks!
OR: What’s the worst part of your job?
PR: The travel can be a real bastard. But in all honesty it’s a small price to pay for doing a job I love so much. Long may it continue!
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