Roma – Il tempo delle congetture è finito: Giorgio Napolitano ha firmato il testo della manovra finanziaria “salva Italia” da 24 miliardi e mentre il provvedimento si appresta ad affrontare l’iter parlamentare, per i diportisti è tempo di fare due conti e di scoprire che la stangata è arrivata per davvero.
Una stangata sul cosidetto lusso – auto di grossa cilindrata, barche e aerei – che, secondo Ballarò, è ritenuta giusta dal popolo italiano. A un sondaggio promosso dalla trasmissione di Rai Tre, i nostri connazionali si sono espressi in tal senso con maggioranza bulgara. Un atteggiamento che strizza l’occhio al solito adagio: se hai una barca sei ricco è chi, se non i più facoltosi, devono mettere mano al portafogli in tempo di crisi? Inutile sottolineare che il sogno galleggiante è sovente meno costoso di una macchina di media cilindrata: bisogna salvare l’Italia, si accomodi alla cassa.
Per quano ci riguarda, non siamo certo di quelli che si schierano contro la reintroduzione della tassa di stazionamento a prescindere, ma appare quanto meno evidente che, così come proposta in via definitiva, l’imposta, che secondo molti è sbagliata nel principio come lo fu l’abrogata Tassa Soru, si abbatterà con notevole incidenza su un mondo – cantieri, porti turistici e le attività commerciale legate al settore – già messo alle corde dallo spettro della crisi.
Entrando nel dettaglio del provvedimento si scopre infatti che, se da un lato sono state ritoccate al ribasso le tabelle da impiegare per definire l’importo base dell’imposta – articolo 16 comma 2 – ed è stato accordato uno sconto del cinquanta per cento alle barche a vela, dall’altro non si può non notare la mancanza di ogni riferimento alla vetustà della barca. Scompare quindi il comma che nel pomeriggio di lunedì sembrava prossimo all’introduzione e con esso se ne vanno gli scaglioni a cinque, dieci e quindici anni che, garantendo sconti sostanziosi, avevano reso meno amara la pillola.
Ma cosa accadrà esattamente il primo maggio 2012? Applicando la legge si giunge alla conclusione che una barca undici metri costruita nel 1990, del valore attuale di circa 25.000 Euro, pagherà come una barca fresca di varo delle stesse dimensioni, ma del valore nettamente superiore, e addirittura più di un ben più costoso gommone di poco inferiore ai dieci metri, ma spinto da due motori fuoribordo da 200 cavalli che non pagherà nulla.
Ecco quindi emergere tutta l’iniquità di una norma assolutamente “ignorante”. Ai tecnici del Governo Monti andrebbero fatti alcuni esempi pratici. Eccone un altro. Prendiamo un Comet 375 di fine anni ottanta. Il prezzo di questo undici metri prodotto a suo tempo dalla Comar può oscillare tra i 40 e i 65.ooo Euro, a seconda delle condizioni d’utilizzo. Indipendentemente dal valore, la barca, nella fattispecie il Comet 375, è ritenuta un bene di lusso quando eccede una certa lunghezza – parliamo di un minimo di 10 metri, non di 20 – quindi deve essere tassata e il suo armatore dovrà versare 912 Euro nelle casse dello Stato. Chi dovesse invece ritrovarsi tra le mani un motoscafo di lunghezza inferiore ai 10 metri, dotato di un paio di motori potenti e del valore di oltre 350.000 Euro, non è possessore di un bene di lusso e per questo non deve corrispondere alcuna tassa.
Che dire, in attesa di sapere se la manovra subirà altri ritocchi nel corso del suo iter burocratico, vi lasciamo alla lettura del testo integrale del provvedimento economico, invitandovi a scriverci per faci conoscere le vostre opinioni in merito.
Ricordiamo che su Facebook è attivo il gruppo degli Indignados della Nautica. Fondato da Massimo Procopio titolare di Marine Partners e già vincitore della Louis Vuitton Cup con il Moro di Venezia, ha già raggiunto i tremila iscritti in poco più di trentasei ore ed è stato oggetto di numerosi articoli e servizi televisivi.
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