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Torna a parlare Dennis Conner e lo fa con un'intervista a Sailing Anarchy. Rispondendo alle domande in gran parte proposte dai lettori del notissimo...

[singlepic=858,250,170,,left]America’s Cup – San Diego – Torna a parlare Dennis Conner e lo fa con un’intervista a Sailing Anarchy. Rispondendo alle domande in gran parte proposte dai lettori del notissimo sito web statunitense, Mr. America’s Cup racconta come la vela sia cambiata nel corso degli ultimi cinquant’anni, soffermandosi sulle campagne del 1983, ’87 e ’88. Un racconto che si conclude con alcune riflessioni in merito al confronto tra Alinghi e BMW Oracle Racing.
La traduzione è stata curata dalla nostra redazione, ci scusiamo anticipatamente per eventuali imprecisioni.

SA: Una domanda da uno dei nostri lettori: “Hai gareggiato contro tre generazioni della mia famiglia, come descriveresti il cambiamento dal punto di vista del divertimento e dell’approccio mentale tra ieri e oggi?”
DC: Lasciami pensare, si parla di cinquant’anni fa. Cinquanta anni fa le persone regatavano per il divertimento e la passione di essere qui fuori, o per motivazioni sociali e di competizione. Spesso per una combinazione di entrambi. Nessuno era pagato, nessuno ti strattonava per un braccio, era tutto più divertente e fruibile.

In quegli anni il tuo velaio usciva con te se glielo chiedevi. Solitamente, per aiutarti a immaginare il tipo di vela nuova da realizzare, ma non faceva parte dell’accordo che se la ordinavi lui sarebbe venuto con te per almeno cinque regate. I cambiamenti sono iniziati lentamente, ma ai tempi del SORC era ancora così. Ogni inverno circa centocinquanta barche andavano da Tampa a Cuba, quindi a Fort Lauderdale, attraversando lo stretto di Nassau. Non si parlava di pagare nessuno, se non il ragazzo che trasferiva la barca. Tutti, strettamente, amatori.

Allo stesso modo, durante gli anni sessanta, quando l’obiettivo era quello di essere scelto per il team di Admiral’s Cup, erano tutti amatori. C’erano dieci, dodici, quindici nazioni che spedivano tre team ciascuno a gareggiare, e le nazioni riversavano nell’organizzazione grandi risorse umane ed economiche, e il profitto era zero.

Verso la metà degli anni settanta le cose iniziarono a cambiare. I velai e i loro amici iniziarono a salire sui barconi e a cimintarsi in un numero sempre crescente di eventi. Questo accadde quando North e Hood avevano tutto sotto controllo, ma i ragazzi più giovani iniziarano a fare la differenza. Tom Whidden, con Love Machine e un’altra barca – portata dal un suo amico specialista di Finn come Peter Conrad – erano soliti vincere nelle loro classi. Era la miglior forma di pubblicità per i velai ed è stata questa la genesi di quanto viviamo oggi. Io vinco ancora con Stinger con un equipaggio di amatori – il tipo di equipaggio che le persone di oggi chiamano di professionisti – ma nonostante ciò loro non chiedono di essere pagati. Io ho sempre pensato che un grande equipaggio e la parte più importante di un’equazione. Per i lettori più vecchi, quelli erano i giorni che io chiamo della vecchia guardia – Jack Suthpen, Bob Bavier, Al Van Metre, Ted Turner, Halsey Herreshoff – tutti grandi velisti.

[singlepic=857,170,250,,left]Sul finire degli anni settanta e nei primi anni ottanta, ho vinto molto, principalmente investendo più risorse. La gente ci guardava imparando che quel tempo e la dedizione pagavano, e così iniziarano ad emularmi. Non c’erano blocchi mentali, e quando ce la mettevano davvero tutta, riuscivano a migliorarsi. Quando altri videro, copiarono e così via. Non necessariamente ingaggiando i professionisti, ma investendo più tempo, denaro e ampliando i programmi stagionali. Nel 1979-80 gestivo un programma di due anni con più barche in Coppa America… e funzionò.  A livello internazionale, credo che una campana iniziò a suonare nella testa dei velisti di tutto il mondo quando si venne a sapere che a fare la differenza erano risorse, test, lavoro di squadra e preparazione. Quel cambiamento portò molti ad essere pagati in ogni ambito dello sport: velai, fornitori di attrezzatura, costruttori, allenatori e operai. Questo avvenne su scala mondiale, il livello divenne altissimo.

Per capirci, quando perdemmo la Coppa nel 1983, c’era un solo avversario, gli australiani. Quattro anni dopo, a Perth, ce n’erano venti. Nel 1983 spendemmo quattro milioni per una campagna di due anni, con tre barche. Nel 1987 non avevamo un budget incredibile, ma diciasssette milioni erano il quadruplo di quelli avuti per le precedenti campagne. Il livello di coinvolgimento richiesto obbligò i componenti del team a lasciare i propri lavori, ma questo non cancellava le bollette da pagare e i problemi collegati al college dei figli. Dovevano guadagnare qualcosa per giustificare il loro impegno a loro stessi e ai famigliari. Così, in appena pochi anni, da team di non professionisti siamo passati al top dello sport, a team di professionisti pagati quanto un idraulico, un carpentiere o un imbianchino.

SA: E ora?
DC: Niente in realtà è cambiato, eccetto che tutto è così… oggi, ai massimi livelli, tutto gira sui soldi.

SA: Nella seconda parte della domanda si parla del fattore divertimento e com’è cambiato per il regatante di medio livello. Cosa ne pensi?
DC: Non’è facile rispondere senza sapere cosa intendi per regatante di medio livello. Per tutti coloro che si guadagnano da vivere con la vela, è una questione di soldi. Alcuni prendono mille Dollari al giorno per regatare sui Farr 40. Se il regatante medio è il ragazzo che al gelo esce sul suo Lehman 12 a Larchmont, tutto ruota sul divertimento. Individuare il regatante medio non è facile. Lo sport è cosa diversa.

SA: Molti ritangono che la tua storia, a partire dalla campagna con tre barche del 1983, e il seguente sforzo per andare a vincere a Perth, sia una delle più avvincenti nella storia della Coppa. Una storia che le ha dato l’onore delle cronache.
DC: I nostri sforzi cambiarono lo sport, ma non era il nostro obiettivo. Io volevo vincere, e fare il miglior lavoro possibile… in modo da avere “Nessuna scusa per perdere”. Certo il livello si sarebbe alzato comunque… ma nel 1987, il Team Stars&Stripes garantiva l’appartamento, il vitto, l’abbigliamento, le cure sanitarie e trecento Dollari al mese. Thom Widden non prese un solo centesimo dai fondi del programma; a lui andarono solo i profitti sulle vele vendute.

SA: Ma realizzarono che sarebbero stati molto richiesti da altri team se avessero vinto, giusto?
DC: E’ quello che è successo, ma non penso lo sapessero a quei tempi. Erano lì per l’aspetto sportivo, ma sapere come si riuscì a vincere e come funzionava il programma Stars&Stripes diventò un bel vantaggio per strada facendo.

[singlepic=856,170,250,,left]SA: Avanziamo veloci sino a oggi, dove attorno a noi galleggiano tantissimi America’s Cup Sailors
DC: Sembra davvero che in molti affermino di essere velisti di Coppa per il solo fatto di essere saliti su una delle barche nelle basi. Davvero in pochi, molto pochi hanno regatato davvero per l’America’s Cup. Noi avevamo undici uomini di equipaggio, significa che solo ventidue persone, ogni quattro anni, potevano dirsi davvero velisti di Coppa America. Tenendo conto dell’incremento del numero di componenti degli equipaggi avvenuto nel corso delle passate edizioni dovrebbero essere qualche centinaio, da dove vengono fuori queste migliaia di velisti di Coppa America? E’ come prendere parte a un trial Olimpico e poi sostenere per sempre di essere olimpionici. E’ semplicemente falso.

SA: Cosa pensi dell’attuale situazione in Coppa America? Si sistemerà?
DC: Senza dubbio. La verità è che prima o poi l’aspetto legale di questa vicenda, avrà fine. Non è certo la prima volta che la Coppa America è contasa in tribunale. Lord Dunraven accusò il New York Yacht Club di frode alla fine del XIX secolo, si ritirò, smise e tornò a casa. Alan Bond fu accusato di frode nel 1983 e non ha mai firmato il foglio nel quale dichiarava di non averlo fatto. Ciò che accadde nel 1988 è molto vicino a quello che vediamo oggi, con una sfida da Deed of Gift, una battaglia legale lunghissima e toni elevati attorno al tavolo.
Discutere sulle interpretazioni del Deed of Gift è sempre stato parte della Coppa. Dopo tutto sono ricchi, potenti, forti, egocentrici individui che cercano di vincere una competizione. Non c’è differenza dal grande business, e ora siamo tornati alle basi. Due milionari che si fronteggiano come Sir Thomas Lipton e Vanderbilt. Niente di nuovo, e presto o tardi finirà, e qualcuno tornerà a regatare.

SA: Chi è dalla parte del giusto?
DC: Bertarelli mi sembra piuttosto disperato. Sta cercando di controllare l’intero evento, vuol dire a tutti che tipo di barche devono usare, e come farle regatare. Vuole essere da entrambe le parti. E’ un grande cambiamento rispetto al passato. I challenger erano soliti lavorare assieme per battere il defender. Ora lui vuole essere challenger e defender gareggiando durante le fasi della selezione. Non c’è da stupirsi se BMW Oracle Racing ha dei problemi con il Protocollo della 33ma Coppa.


DENNIS CONNER: “TODAY IT’S ALL ABOUT MONEY”
America’s Cup – San Diego – Mr. America’s Cup talks to Sailing Anarchy through an interesting interview. Conner’s speech concerns fifty years of sailing, the Americas Cup and today situation.
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