Dean Barker: “La mia ambizione? Riportare la Coppa in Nuova Zelanda”
America's CupLV Pacific SeriesTeam New ZealandVela 5 Dicembre 2008 Zerogradinord 0
[singlepic=1020,250,170,,left] Intervista – Auckland – Pubblichiamo la traduzione di una bella intervista rilasciata da Dean Barker a Dana Johannesen del New Zealand Herald. Il timoniere di Emirates Team New Zealand, fresco della vittoria al Campionato Neozelandese di Match Race, racconta sé stesso e la sua carriera. Il testo che segue è stato tradotto dalla nostra redazione, ci scusiamo sin d’ora per eventuali errori e imprecisioni.
“Dean Barker ha fatto la storia della Coppa America quando guidò NZL-60 alla conquista del quinto punto nella finale contro Prada del 2000. A ventisei anni è stato il più giovane velista di sempre ad aver guidato uno yacht alla vittoria in un match valido per la conquista della Coppa America.
Da allora, la sua carriera in Coppa America è stata molto simile a un giro sulle montagne russe, avendo guidato Team New Zealand nella disastrosa difesa del 2003 prima di assumere la guida di un team ricostruito portandolo alla vittoria della Louis Vuitton Cup nel 2007. Ma Barker è ricaduto in un momento no, fallendo nel compito di riportare la Coppa a casa, sconfitto cinque a due in finale da Alinghi.
Con la Coppa ferma in tribunale a causa della battaglia in corso tra il defender Alinghi e BMW Oracle Racing di Larry Ellison, Barker ha trovato il modo di aumentare la propria esperienza, regatando nei circuiti TP52 ed RC44. Tornato a casa, ha vinto il Campionato Keelboat Neozelandese e, la scorsa settimana, il titolo nazionale di match race.
Ora il suo obiettivo è quello di guidare Team New Zealand alla vittoria nella prima edizione delle Louis Vuitton Pacific Series, in programma ad Auckland all’inizio del prossimo anno.
NZ: Cosa ti ha spinto a iniziare questa carriera?
DB: Non ho mai pensato che potesse diventare un lavoro. Ho passato tutte le categorie e la prima vera competizione internazionale l’ho disputata a diciassette anni. Sono stato ai Mondiali Giovanili in Olanda, fu questa la mia prima vera esperienza internazionale. L’ho apprezzata molto e presi la decisione che volevo andare avanti con le regate.
Ho fatto tutto ciò che era nelle mie possibilità per continuare a competere a livello internazionale e sfruttavo tutte le opportunità di quel tipo, ma è stato solo con il mio ingresso in Team New Zealand nel 1996 che ho cominciato a guadagnare un po’, a sufficienza per poter quantomeno sopravvivere. E partendo da lì, le porte di una nuova carriera iniziarono ad aprirsi.
NZ: Quando avevi tredici anni, di che sport ti immaginavi un campione?
DB: Ero senza speranze. Ho giocato a calcio quando ero piccolo e ho fatto un po’ di rugby a scuola, ma non c’era niente da fare. Non avrei mai avuto un futuro in questi sport.
[singlepic=1021,170,250,,left]NZ: Ci puoi descrivere il tuo lavoro?
DB: Coordino il sailing team, comando la barca e cerco di tracciare la via da seguire. Devo solo lavorare sodo e cercare di farlo al meglio delle mie capacità e questo significa fare regate di match race e di flotta, cercando di diventare un velista migliore con una miglior conoscenza di tanti aspetti: design, leadership, gestione e altra cose del genere.
Lavoro con Grant Dalton e Kevin Shoebridge nel management del team e decidiamo insieme cosa fare.
NZ: Qual è l’aspetto migliore del tuo lavoro?
DB: Senza dubbio il momento di andare a regatare. Penso che il brivido della regata sia quello che mi scuote maggiormente.
NZ: E il peggiore…
DB: La frustrazione di non riuscire a raggiungere tutti gli obiettivi che ti sei posto. Arrivarci vicino, ma non raggiungerli è l’aspetto peggiore. Prendi noi ad esempio. Siamo seduti qui, dopo esserci andati molto vicini nel 2007 a Valencia. Se ce l’avessimo fatta, saremmo già tornati a regatare per la Coppa, quindi credo proprio che la frustrazione di non riuscire sia l’aspetto peggiore.
NZ: Quanto influisci su vittorie e sconfitte del tuo team?
DB: Siamo coinvolti nel lavoro dei designer, per costruire la barca che ci serve per vincere. La macchina funziona finché tutti i componenti fanno il loro lavoro al meglio. Nessuno vuole essere considerato l’anello debole della catena.
C’è notevole pressione su di noi, perché la vela non è uno sport basato solo su velocità e tecnologia: devi essere migliore del tuo avversario.
NZ: Credi che il tuo sport e il tuo team ricevano l’attenzione pubblica che meritano?
DB: Credo che nel 2007, nonostante i risultati poco confortanti, derivati dal non essere riusciti a vincere la Coppa, il sostegno del pubblico sia stato davvero notevole. Penso quindi che il team abbia un seguito fantastico e noi diamo molto valore a questo.
NZ: Il rugby riesce a superare la vela in Nuova Zelanda?
DB: E’ giudicato come lo sport nazionale e gli All Blacks sono molto seguiti. Penso che anche loro, al pari nostro, stiano lavorando molto duro per raggiungere il loro obiettivo più importante, vincere ancora una volta la Coppa del Mondo.
In un certo senso siamo molto simili, entrambi inseguiamo un risultato difficile da raggiungere. Ma loro sono fortunati perché possono giocare test-match ogni anno nel Tre Nazioni, mentre nel nostro mondo il ciclo è più lento e si ripete ogni tre-quattro anni. Adesso però, vai a sapere quanto durerà questa causa legale…
NZ: Qual è il trionfo che ti rende più orgoglioso?
DB: La vittoria nella Louis Vuitton Cup. Essere membro di un team che, dopo essersi sfaldato nel 2003, ho contribuito a ricostruire, lavorando con Grant Dalton e altre persone capaci di farlo arrivare dov’è ora, è stato molto soddisfacente. A tratti però, è stata offuscata dall’incapacità di vincere la Coppa America poco dopo.
Vincere la quinta regata nella Coppa del 2000 è stato davvero speciale, ma visto il mio maggior coinvolgimento nella campagna, credo che la vittoria nella Louis Vuitton Cup sia stata più appagante.
[singlepic=1022,170,250,,left]NZ: E il momento peggiore?
DB: Senza dubbio la campagna del 2003. Sentivamo di aver messo moltissimo in quell’impresa e toccare con mano la realtà è stato davvero terribile.
NZ: Quale obiettivo vuoi raggiungere prima di ritirati?
DB: Senza dubbio riportare la Coppa in Nuova Zelanda ed esserci andato così vicino nel 2007 ha aumentato il desiderio di avere un’altra opportunità. Non vogliamo più attraversare un periodo come questo, con la Coppa immersa in un limbo.
NZ: Se non fossi stato un velista cosa avresti fatto?
DB: È difficile da dire. Quando andavo a scuola e studiavo all’AUT, il mio interesse andava alla materie economiche e amministrative, quindi credo che sarei entrato in qualche azienda commerciale. Non so cosa sarebbe stato, ma questo è ciò che mi interessava e mi piaceva quando andavo a scuola.
NZ: Chi, al mondo, ammiri di più e perché?
DB: Ho tantissima ammirazione per ciò che ha fatto Sir Ed (Edmund Hillary, scalatore neozelandese che il 29 maggio del 1953 fu il primo a scalare l’Everest, ndr), una fonte di ispirazione per tutti i neozelandesi. Tra coloro che sono in vita, chi ammiro davvero è Grant Dalton, il modo in cui ha messo insieme una campagna in difficili circostanze e il suo modo di essere leader sono contagiosi per le persone e i giovani che lo circondano.
NZ: Chi è il miglior motivatore tra i coach sportivi?
DB: Noi abbiamo incontrato sia Robbie Deans (coach dei Wallabies, ndr) che Graham Henry (coach degli All Blacks, ndr) prima di andare a Valencia nel 2006 ed entrambi hanno parlato con il team. Posso dire che sono stati entrambi una fonte di ispirazione. Hanno modi e pensieri diversi. Penso che da ognuno di loro abbiamo imparato molto e li valuto sullo stesso piano. Hanno idee fantastiche che ci hanno motivato nel raggiungere il nostro obiettivo.
NZ: Qual è il tuo campo di regata preferito?
DB: Adoro le Hawaii. C’è un vento meraviglioso, un mare stupendo e un clima ideale. E’ sempre piacevole tornare ad Auckland, è bello regatare a casa.
DEAN BARKER: “MY AMBITION? WITHOUT QUESTION IT’S TO BRING THE CUP IN NEW ZEALAND”
Interview – Auckland – Emirates Team New Zealand‘s skipper, Dean Barker, talk about himself an his career in an intersting interview with Dana Johannesen of New Zealand Herald.
“Dean Barker made America’s Cup history when he helmed NZL-60 to victory in the final race of Team New Zealand‘s 5-0 blackwash over challenger Prada 2000. At 26 he was the youngest sailor ever to skipper an America’s Cup yacht to victory.
Since then his America’s Cup career has been something of a rollercoaster ride, having skippered Team New Zealand in their disastrous 2003 Cup defence before leading a rebuilt team to victory in the 2007 Louis Vuitton challenger series. But Barker fell short in his bid to bring the America’s Cup back to New Zealand, going down to Alinghi 5-2 in the final.
With the America’s Cup stuck in an on-going court battle between Cup-holders Alinghi and Larry Ellison’s Oracle, Barker has been building his sailing experience, with wins on the TP52 and RC44 circuits. Back home, he won the National Keelboat Championships and last week won his fifth New Zealand Match-racing title.
He now has his sights set on leading Team New Zealand to victory in the inaugural Louis Vuitton Pacific Series in Auckland early next year.
NZ: What inspired you to embark on a career in sport?
DB: I never really dreamed it was going to be a career. I came through the junior ranks and the first real international competition I did was when I was 17. I went to the World Youth Championships in Holland and that was my first real exposure to international sailing and I really enjoyed that and decided then that I wanted to keep going with the racing.
I did all I could to keep going and competing internationally and getting all the experience that way, it wasn’t until really when I got involved with Team New Zealand in 1996 that I was able to actually start making a little bit of money, or enough money to survive on. And really from there doors began to sort of open up a little in terms of making it a career.
NZ: When you were 13 years old, what sport did you fancy yourself as a future star in?
DB: I was pretty hopeless at everything else. I played soccer when I was young and had a little go at rugby at school, but I was hopeless. There was never a future in any of those sports.
NZ: Describe your job
DB: Effectively I lead the sailing team and skipper the race boat and try to create direction for the sailing team in what we do. I just have to keep working and try to be the best I possibly can be at my job and that means doing match-racing events and fleet racing and just trying to become a better sailor with a better understanding of all facets: design, leadership, campaign management and that sort of thing.
I work closely with Grant Dalton and Kevin Shoebridge in the direction of the team and deciding how it all comes together.
NZ: What is the best thing about your job?
DB: The best thing is that I get to go and race. I think the thrill of racing is what drives me more than anything.
NZ: And the worst…
DB: I think the worst thing is the frustration of not achieving everything we want to achieve. To get so close to a result, but not actually get a result is pretty tough. This is a case in point, we’re sitting here, having come very close in Valencia in 2007. If we had a different result we would have been back racing America’s Cup, so the frustration of not being successful is the worst thing.
NZ: How much control do you have over whether your team wins or loses?
DB: We’re involved with working with the designers in trying to build the boat we need to be successful. The organisation relies heavily on all the different components doing their job equally as well. You don’t want to be the part of the team that is perceived as the weakness.
There’s a huge amount of pressure on us to perform because sailing is not a sport where it’s just about speed and technology, it’s still about being able to race better than the opposition.
NZ: Do you feel your sport and your team get the amount of public attention they deserve?
DB: In 2007 I think while the team were very disappointed with the result, to not actually go all the way and win the cup, I think the way the public got in behind and supported the team again was very satisfying for a lot of people. So I think the team has a fantastic following from the public and we value that incredibly highly.
NZ: Does rugby get too much attention in New Zealand?
DB: Well it’s perceived as a national sport and the All Blacks are very dominant. I think like us they’re still working very hard to achieve their ultimate goal in actually winning a World Cup again. I guess in a way we’re actually quite similar because we’re both pursuing the elusive prize. But they’re fortunate in that they can continually play test matches each year with Tri-Nations and things whereas we’re in more of a cyclical environment where it’s sort of three or four years – but who knows how long at the moment with all the court stuff going on.
NZ: What are the proudest achievements of your sporting life?
DB: The proudest achievement I think for me has been winning the Louis Vuitton Cup. Because being involved in a team that was so far down and out after 2003 to be involved in almost a complete rebuild – working with Grant and Kevin and other people in the team and to be as successful as we were there – was really satisfying. In some ways it was overshadowed by the inability to win the America’s Cup straight after.
Winning the fifth race of the America’s Cup in 2000 was pretty special, but to be more actively involved with winning the Louis Vuitton Cup probably surpasses that.
NZ: And what’s your worst moment?
DB: Without question the 2003 campaign. We felt we had put so much into it and for it to come tumbling around our ears was terrible.
NZ: What’s the one career ambition you want to realise before you retire?
DB: Without question it’s to bring the America’s Cup back to New Zealand and having been so close in 2007 I think the hunger is there more than ever to do it at the next opportunity, because we don’t want to sit through a period like this again, where the cup is completely in limbo.
NZ: If you weren’t a sailor what would you be doing?
DB: It’s pretty hard to say. When I was going through school and studying at AUT my focus was very much on economics and accounting so I’d definitely be in some sort of business environment I think. I have no idea what it would be, but that was always my focus when I was at school and what I enjoyed.
NZ: Who in the world do you admire most and why?
DB: I have a huge amount of admiration for what Sir Ed did, and he’s a huge amount of inspiration for all New Zealanders. Someone who is still alive that I really admire is Grant Dalton, the way he has been able pull together a campaign in very difficult circumstances and his style of leadership is infectious on the guys around him.
NZ: Who is the most inspirational coach in sport?
DB: We had both Robbie Deans and Graham Henry come and speak to the team before going to Valencia in 2006 and I’d almost say they were both as inspirational as each other. They both had very different styles and beliefs and ways of working. I think we learned so much from talking to both of those guys and I’d almost rate them equally. They both had fantastic ideas and just reinforced what we were doing.
NZ: What’s your favourite sailing venue?
DB: I always love sailing in Hawaii. They have beautiful trade winds and nice waves and a great climate. It’s always pretty special racing here in Auckland as well, it’s nice to race at home.
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