Ccà nisciuno è fesso
AC World SeriesAmerica's CupLaylineVela 13 Ottobre 2011 Zerogradinord 1
Milano – Finiti in archivio i primi due eventi dell’AC World Series, è tempo di analisi e, almeno a giudicare dagli articoli apparsi sui media specializzati, di critica.
Uno dei pezzi più puntigliosi e interessanti dedicati a quella che viene definita “…la versione di Ellison”, porta la firma di Bianca Ascenti ed è pubblicato sull’ultimo numero di Yacht&Sail. Intitolato Pantalone e Pulcinella, il pezzo muove critiche pesanti e ben circostanziate al prodotto hi-tech partorito dal gruppo di lavoro coordinato da Russell Coutts. Sia chiaro che il mensile diretto da Andrea Brambilla non spara nel mucchio per il puro piacere di farlo, ma approfondisce verità che, almeno secondo il nostro punto di vista, sono incontrovertibili.
Secondo la Ascenti “…non sono tanto le debolezze organizzative a preoccupare… quanto il fatto che a due anni dalla 34ma edizione di San Francisco, regni ancora tanta incertezza per il futuro… non sappiamo quanti team arriveranno al 2013, né quali sponsor li affiancheranno…”. Ecco un paio di motivi per i quali “…non sappiamo se la versione di Ellison riuscirà a conquistare i cuori della gente, a entrare nelle case, a far innamorare i vela-scettici”. Non si tratta di incognite di poco conto perchè “…al termine delle regate portoghesi e britanniche… la sensazione è che ci sia una grossa incongruenza tra l’enorme sforzo organizzativo, logistico e finanziario e la risposta avuta in cambio”.
Mentre chi guarda alla rivoluzione con occhio compiaciuto invita ad avere pazienza, “…i detrattori lamentano che non si capisce niente”.
Impossibile negare che lo spettacolo, a tratti, sia emozionante perché “…una flotta di nove catamarani che sfrecciano a 25 nodi sull’acqua tiene la gente con il cuore in gola, nel timore (attesa) che si verifichi un incidente. Cosa che puntualmente accade”. Ma, aggiungiamo noi, arriverà il momento che le scuffie, sempre uguali a sé stesse, non faranno più notizia e a quel punto cosa resterà in mano ai padroni del gioco? Che strada imboccheranno nel tentativo di irretire gli appassionati?
E poi “…non gridiamo alla novità, basta guardare al circuito dei catamarani Extreme 40 per capire che Ellison non ha inventato nulla. Anzi, mentre lì hanno creato un vero stadio della vela indoor che ipnotizza lo spettatotore, qui il campo di gara sembra studiato ad hoc per confondere e scoraggiare il pubblico”. Ed ecco che la vela “…si trasforma in una confusa e rapidissima serie di immagini. Belle, spettacolari ma assolutamente incomprensibili”.
Ed è su questo sfondo disorganizzato e confuso che i team si muovono in cerca di sponsor e dei loro denari, l’unico elisir di lunga vita in grado di garantitre il biglietto per volare a San Francisco da protagonista.
Ben diversa era la situazione durante le fasi iniziali dell’era Bertarelli. Certo, i venti di crisi erano lontani dall’alzarsi, ma l’AC Management aveva dimostrato di sapersi muovere con piglio imprenditoriale ben diverso. “Al secondo degli Act del 2004 – prosegue Bianca Ascenti – il numero dei partner della Coppa America era già definito, il circuito dettagliato nelle date e nei luoghi, il formato stabilito, la Classe di barche blindata, i diritti TV venduti. Qui invece è tutto fluttuante, in divenire e l’incertezza spaventa. Come commentare altrimenti… il fatto che la Rai, in Italia, abbia preferito trasmettere le regate della Maxi Yacht Rolex Cup piuttosto che quelle di Plymouth?”.
A supporto delle sue tesi, la Ascenti completa il suo articolo con alcuni box di approfondimento dai titoli a dir poco lapalissiani: Match race impossibile, equipaggi brutti da vedere e Boe mobili & confusione totale.
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