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Grazie ad un'intervista pubblicata sul sito di Alinghi, conosciamo più da vicino Sir Keith Mills, patron di Team Origin, sfidante britannico alla prossima Coppa...

[singlepic=887,250,170,,left]America’s Cup – Londra – Grazie ad un’intervista pubblicata sul sito di Alinghi, conosciamo più da vicino Sir Keith Mills, patron di Team Origin, sfidante britannico alla prossima Coppa America. La traduzione è stata curata dalla nostra redazione, ci scusiamo sin d’ora per eventuali imprecisioni.

“Sir Keith Mills, patron del sindacato britannico Team Origin, racconta che il suo interesse verso l’America’s Cup si è manifestato in mare. Nel 1998, Mills si imbarcò sul Dubois 68 Ariel, con il quale affrontò la regata oceanica Clipper Challenger. Tra i libri portati al seguito ce n’era uno basato sulle vicende di Sir Thomas Lipton, che, in trentuno anni, contese per cinque volte la Coppa agli statunitensi senza mai riuscire a vincerla. Spiega Mills che proprio da quel libro è nata in lui l’idea di lanciare una sfida all’America’s Cup.

Keith Mills si innamorò della vela da giovanissimo. Suo padre, pu non essendo un velista, decise di noleggiare un vecchio Wayfarer durante una vacanza trascorsa con la famiglia sulle rive di un piccolo lago. Nonostante il bacino d’acqua fosse piuttosto limitato, Mills ricorda ancora oggi il senso di libertà provato nel corso di quelle prime navigazioni. Per molti anni, scuola e carriera hanno ridotto la vela a un semplice svago. Ma l’acquisto di un Oyster 485 e la ricerca di un pò di tranquillità dopo la vendita di una delle sue aziende, lo riavvicinarono sensibilmente alla vela. Come spiega lo stesso Mills, non si trattò di una vera e propria crisi di mezza età, ma gli serviva tempo per pensare al resto della sua vita. Aveva bisogno di un’espeienza al di fuori dagli schemi, ed ecco spiegata la partecipazione alla Clipper Challenge.
Mills ricorda che durante la sua prima veleggiata sull’Ariel conobbe lo skipper Alex Thompson, allora ventitrenne: “Eccomi lì. Un multi milionario, presidente di diverse compagnie, in balia di questo ragazzo di ventitre anni che gli urlava ‘Cazza, grasso bastardo!'”.

“Francamente – spiega Mills – se avessi saputo in cosa mi stavo imbarcando non l’avrei fatto. E’ stata un’esperienza meravigliosa, che non vorrei ripetere”. In particolare, una mattina nera come la pece, in Oceano Indiano, Ariel si infilò in una tempesta che il tycoon britannico ricorderà per il resto della sua vita: “Il timoniere era appeso alla ruota, la barca stesa su un lato, l’albero sott’acqua e le onde alte dieci-dodici metri. Io avevo i piedi in ammollo e affidai le mie speranze di sopravvivenza al winch cui ero aggrappato. In quel momento non ero affatto sicuro di tornare”.

L’arrivo a Città del Capo, pochi mesi dopo, è stato altrettanto indimenticabile: “Eravamo reduci da una settimana di tempeste molto dure che ci avevano spossato. Eravamo impresentabili, con la barba vecchia di giorni. Sapevamo che vincendo la tappa, Ariel avrebbe vinto la regata. Girata la punta estrema del Sudafrica abbiamo visto la Table Mountain, quindi, ai suoi piedi, Città del Capo. Il sole stava per sorgere e il vento venne a mancare. Fu per noi l’occasione di celebrare il successo in modo magico”.

Tutto ciò otto anni prima che l’interesse di Mills per la Coppa America fosse reso pubblico. Prima, infatti, è stato troppo occupato sul lavoro. Pubblicitario ed esperto di marketing, Mills ha fondato nel 1988 la Air Miles International Group BV, società nata per sviluppare il programma di raccolta delle miglia aeree, ed è stato presidente del Loyality Management Group, sodalizio che possiede e gestisce il programma Nectar nel Regno Unito. Incarichi cui si sommano numerose nomine in svariati consigli di amministrazione.

Mills ha comunque trovato il tempo di seguire da vicino la deludente campagna di GBR Challenge, sindacato guidato da Peter Harrison nel 2000 ad Auckland: “Quando Peter rientrò disse chiaramente che non avrebbe fatto un’altra Coppa. Fu allora che iniziai a parlare con lui per rilevare i suoi assets per lanciare una sfida in vista di Valencia 2007”.

[singlepic=890,250,170,,left]Proprio mentre era impegnato in questa trattativa, a Mills fu chiesto di seguire la candidatura olimpica di Londra 2012. Assieme a Lord Coe, Mills fu l’ideatore della stretegia che, tagliando fuori Parigi per soli quattro voti, assegnò i Giochi proprio alla capitale inglese. Dopo la scelta di Londra nell’estate del 2005, Mills ha finalmente potuto concentrarsi sull’idea di una sfida britannica all’America’s Cup.

“I primi sei mesi sono serviti ad acquisire informazioni in modo molto tranquillo – spiega Mills – Ho osservato, cercato persone, definito il budget. Tutte cose che devono essere fatte con riservatezza, contando su un gruppo ristretto di uomini. Se c’era la possibilità di creare un team, volevo avere almeno una reale chance di vittoria. Quando ho capito che la cosa si poteva fare, ho annunciato l’intenzione il 7 gennaio del 2007, ben sei mesi prima che la 32ma America’s Cup si concludesse. La mia strategia era quella di utilizzare questo lasso di tempo per avvicinare i velisti, i progettisti e tutti coloro che ritenevo utili al’impresa mentre erano ancora coinvolti nella trentaduesima edizione”.
“Ho discusso di questo con Ernesto Bertarelli e con Grant Simmer. Ho pensato al loro straordinario team, un team vincente. Hanno messo da subito in chiaro che, se avessero vinto, volevano organizzare la Coppa successiva presto, già nel 2009. Se così fosse stato dovevo avere le persone chiave già sotto contratto prima che la 32ma America’s Cup fosse finita e per farlo ho potuto sondare il terreno mentre la macchina era in movimento. Appena conclusa la campagna valenciana abbiamo comprato una delle barche svizzere – SUI-75 – e siamo stati operativi già poche settimane dopo la fine della Coppa”.

Ancor più rapidamente ha avuto inizio la battaglia legale. Mills dice che gli ultimi quindici mesi sono stati molto frustranti per lui e per Team Origin. Ha dovuto aggregare e disgregare una forza lavoro di oltre centocinquanta persone: “Chi è coinvolto nel mondo degli affari lo sa, pazienza e perserveranza alla fine pagano”.

Secondo Mills, il ritardo di questi mesi gli ha trasmesso un ottimo insegnamento. Ogni sfidante deve infatti immaginare a come gestirebbe lo show qualora riuscisse a vincere: “Visto il tempo speso tra giudici e avvocati, challenger e defender devono studiare un modo che garantisca una gestione migliore della Coppa, un modo che le permetta di mantenere la propria tradizione e unicità”.

Mills sostiene di condividere gran parte della visione che Ernesto Bertarelli ha espresso nella lettera dello scorso anno per adeguare la Coppa ai tempi moderni. E’ secondo lui importante focalizzare l’attenzione sul contenimento dei costi, sull’indipendenza dalle aule di tribunale e sull’eventualità di creare un ente che gestisca l’evento.

“C’è bisogno di raggiungere uno status che renda impossibile il ripetersi di quanto visto nel corso degli ultimi quindici mesi; è indispnsabile portare la Coppa nel ventunesimo secolo con un’associazione di classe o una lega di tipo calcistico che, amministrata dai team, curi lo svolgimento della manifestazione in modo neutrale”.

Team Origin era tra i quattro team di Coppa America che, tra il 7 e il 9 novembre, ha preso parte alle regate valide per la regata annuale del Club Nautico Espanol de Vela. Ma Sir Keith Mills aveva un precedente impegno. E’ stato a Les Sables-d’Olonne per seguire la partenza della Vendee Globe, giro del mondo senza scalo e senza assistenza. Mills, infatti, è un sostenitore di Alex Thompson, suo vecchio skipper ai tempi della Clipper Challenge, che era in corsa con l’Open 60 Hugo Boss.
“Sarò in barca fin sulla linea di partenza, dove sarò molto felice di scendere e lasciare che Alex parta per sil suo viaggio – aveva detto Mills un paio di giorni prima della partenza – Questa volta toccherà ad Alex darsi da fare per cazzare le vele”. Ma Alex non ha cazzato molto a lungo, dato che già dopo un giorno la sua barca si è danneggiata ed è tornata a Les ables d’Olonne.

Mills si diverte a timonare saltuariamente Team Origin durante i giorni di allenamento: “Non sono abbastanza bravo per regatare – dice con grande semplicità – e non sto facendo questo perché mi ritengo un velista di classe mondiale. Sarò il diciottesimo uomo, ma ciò che mi auguro davvero è di poter assistere a un match valido per la Coppa quanto prima”

“I miei obiettivi sono quelli di contribuire ad organizzare la più bella edizione dei Giochi Olimpici nella storia e riportare l’America’s Cup nel Regno Unito, dove tutto è iniziato. Se riuscirò a fare entrambe le cose, potrò morire da uomo felice”.

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Video courtesy Team Origin.

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Video courtesy Team Origin.


SIR KEITH MILLS TALKS TO ALINGHI.COM
[singlepic=888,250,170,,left][Alinghi Press Relese] Sir Keith Mills, Team Principal of the UK’s Team Origin, says his serious interest in the America’s Cup began, fittingly enough, at sea. In 1998, Mills shipped aboard Ariel, a Dubois 68, for the Clipper Challenge round the world race. Among the reading material he brought on board was a book about the gracious British sportsman, Thomas Lipton, who challenged for the Cup five times over a 31-year period, and never won. Mills says that book got him thinking about an America’s Cup campaign.

As a young boy, Keith Mills got stuck on sailing his first time out. His father, a non-sailor, chartered an old Wayfarer on a little lake during a family vacation. Mills recalls the unique sense of freedom he felt, even on that small body of water. For many years, education and career reduced sailing to an occasional pleasure for Mills. But he acquired an Oyster 485 when he could, and in his late 40s, looking for a break after selling one of his companies, he turned to sailing. He says he wasn’t exactly having a mid-life crisis, but he needed time to think about the rest of his life. He was looking for an experience out of his comfort zone. He admits that signing on for the Clipper Challenge was a bit of a stretch.

Mills recalls his first day on board Ariel, meeting his 23-year-old skipper, Alex Thompson. “There I was, a multi-millionaire, chairman of a number of companies, having this 23-year-old screaming at me, ‘Grind, you fat bastard!’

“Frankly,” Mills says, “if I had known what I was taking on, I wouldn’t have done it. It was a wonderful experience, but one I wouldn’t want to repeat.” He says that one particular broach Ariel suffered on a pitch black morning in an Indian Ocean storm will haunt him the rest of his life. “The helmsman was hanging horizontal off the wheel, the boat was on its side, the mast under water, in 30-40 foot seas. My feet were in the water as I hung onto a winch for dear life. It was one of those moments when I wasn’t sure I was going to come back.”

Arriving in Cape Town a few months later was also unforgettable. “It had been a tough week of storms. We all stank. No one had shaved. We knew if Ariel won the leg we’d win the race. We rounded the tip of South Africa, then Table Mountain came into view, Cape Town was in sight, the sun was coming up, the wind dropped out completely, and we were able to celebrate success in the most magical of settings.”

It would be eight years before Mills’ America’s Cup interest came to the fore. To understate it, he was too busy. An advertising and marketing professional, Mills had founded the Air Miles International Group BV in 1988 to develop the Air Miles program. He was Chairman of Loyalty Management Group Ltd, the company that owns and manages the Nectar program in the UK. He also sat on a number of boards of directors.

[singlepic=889,250,170,,left]Mills had closely followed Peter Harrison’s disappointing GBR Challenge in Auckland in 2000. “When Peter returned,” Mills says, “he made it clear he didn’t want to do another Cup. So I started talking with him about buying his assets as a base for a challenge in Valencia in 2007.”

In the midst of those discussions, Mills was asked to run the Olympic bid for London 2012. With Lord Coe, Mills was responsible for developing a strategy that beat out Paris by just four votes, and brought the games to London. After the selection of London in the summer of 2005, Mills finally had a chance to begin working in earnest on a British America’s Cup challenge.

“I started with six months of very quiet research,” he says, “under the radar, looking into people, formulating budgets – things that could be done in confidence, with a small team. If I did put a team together, I wanted to have a real chance of winning. When I concluded that could happen, I announced my intentions on January 7, 2007, six months before America’s Cup 32 was settled. My strategy was to use those six months to approach sailors, designers, and others I wanted for my team while they were still involved in America’s Cup 32.

“I discussed my intentions with Ernesto, and with Grant Simmer. I thought they had an extraordinary team, one that could win. They made it clear that if they did win, they wanted to get on with the next Cup soon, in 2009. If that was to be the case, I had to have key people lined up by the time AC32 was over so I could hit the ground running. And after AC32, we bought one of the Swiss boats (SUI 75), and were operational within weeks of the end of the Cup.”

The legal interruption of the 2009 America’s Cup started almost as quickly. Mills says the last fifteen months have been extremely frustrating for him and Team Origin. He’s had to collect, then disband, a work force of 150 people. “But as anyone who has been involved in business or sport knows,” he says, “sometimes patience and persistence is an asset.”

Mills also says the delay has provided a good learning experience. Any challenger has to contemplate how he would run the show if he should win. “Given the backdrop of court time and lawyers we’ve had over the last fifteen months,” he says, “it’s time challengers and defender figure out a better way to manage the Cup, one that maintains its tradition and uniqueness.”

Mills says he shares most of Ernesto Bertarelli’s vision, expressed in Bertarelli’s open letter of last year, for adapting the America’s Cup to modern times. Mills feels the Cup needs cost containment, independence from the public courts, and an empowered organizing entity for managing the event.

“We need to raise it to a place where we will never again see the litigation of the last 15 months; bring it into the 21st Century with a class association, or a National Football League-type organization that is owned by the teams, and manages the event in a neutral way.”

Team Origin sailed the weekend of November 7-9 as one of four America’s Cup teams entered in the CNEV annual regatta. But Sir Keith Mills had a previous engagement. He was in Les Sables-d’Olonne, France, for the start of the Vendee Globe single-handed, non-stop race round the world. Mills is a backer of his old Clipper Challenge skipper, Alex Thompson, who was racing the Open 60, Hugo Boss. “I will be sailing the boat to the starting line, and be very happy to get off and let Alex take it round the world,” Mills said a couple days before the start. It was Alex’ turn to grind. (Alex wouldn’t be grinding for long. Just one day out, his boat sustained damage and he was limping back to Les Sables-d’Olonne).

Mills enjoys a turn at the helm of Team Origin on practice days. “I’m not good enough to race the boat,” he says with refreshing candor, “and I’m not doing this because I have aspirations of being a world class sailor. I’ll take my share of 18th man slots. But mainly I hope we have a Cup match soon.

“My goals in life are to host the greatest Olympics in history, and return the America’s Cup to the UK, where it all started. If I can do those things, I’ll die a happy man.”

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