America’s Cup, Andrea Bazzini, l’uomo dei software di Luna Rossa Prada Pirelli Team
America's CupIn evidenzaLuna RossaVela 19 Febbraio 2021 Zerogradinord 0
Marina di Ravenna – Andrea Bazzini, ravennate classe 1968, sebbene non sia tra i componenti più in vista di Luna Rossa Prada Pirelli Team è senza dubbio alcuno uno dei personaggi chiave del team italiano, attualmente impegnato in Nuova Zelanda nella finale di Prada Cup contro INEOS Team UK.
Cresciuto sportivamente nel Circolo Velico Ravennate e già impegnato in due campagne di Coppa America (1997 e 2007) come consulente esterno del team griffato Prada, Bazzini si occupa di performance ed è oggi uno degli sviluppatori del software utilizzato da Francesco Bruni, James Spithill, Pietro Sibello e Gilberto Nobili durante le regate per avere sotto controllo le performance di Luna Rossa.
D: Andrea, prima di parlare del tuo impegno con Luna Rossa Prada Pirelli Team, ci racconti di come è iniziato il tuo interesse per la vela?
R: E’ un amore che nasce negli anni ’70, innescata da mio babbo che mi ha portato al Circolo Velico Ravennate e ha chiesto a mio nonno di costruire il mio primo Optimist, in legno. Da quel momento quello di Via Molo Dalmazia è stato l’unico club che ho frequentato, a partire dal primo corso di vela e dalle prime uscite in Optimist, che ho fatto sotto la guida di Daniela Rossi, oggi responsabile dell Scuola Vela del Circolo. Penso fosse il 1976, ricordo ancora lo svolgimento dei Giochi della Gioventù in quel di Ravenna… Era un ‘gioco’ che mi piaceva e così ho continuato, facendo la trafila tipica dei velisti in erba: Optimist, 420, 470. In 420 navigavo in flotta con mia sorella Micaela, che andava davvero forte e mi ha sempre battuto (ndr, Micaela Bazzini è stata campionessa iridata 420 a Nieuwpoort nel 1986 e argento europeo nel 1984). Poi, diventato adulto e terminata l’Università, ho iniziato a lavorare ma non mi sono mai allontanato dal mondo della vela: ricordo tante regate in altura e anche una serie di uscite in 49er con Michele Mazzotti.
D: Una laurea, quella in informatica, che è stata propedeutica al tuo impegno attuale…
R: Più o meno, diciamo che ho appreso le nozioni di base e comunque mi occupavo, e mi occupo, di cose distanti dal mondo dell’agonismo velico tanto che la Joy Pictures, la società che gestiscono con alcuni soci, è tra le pochissime che si occupano di realizzare i software che scattano le foto ricordo sulle attrazioni più avvincenti nei parchi di divertimento. L’unico punto in comune era quello relativo alla gestione e al ritocco delle fotografie ed è proprio partendo da questo dettaglio che Matteo Plazzi e Michele Ivaldi mi hanno coinvolto nella campagna del 1997 di Luna Rossa.
D: Quali furono le tue prime mansioni?
R: Ho lavorato molto al Sail Vision, che è il software utilizzato per analizzare e misurare le foto scattate ai profili delle vele durante le varie fasi della navigazione. Essendo impegnato con la mia società, a quel tempo ho potuto garantire al team una collaborazione esterna, così come capitato in occasione della Coppa del 2007, quando a unirsi alle sirene di Plazzi e Ivaldi è stato anche Gilberto Nobili. Nel 2007 avevo un altro compito: mi occupai dello sviluppo del software di regata.
D: In questa campagna, la prima delle barche volanti, sei diventato organico al team…
R: Ancora una volta a spingere sull’acceleratore è stato Gilberto Nobili, che ha provato a convincermi della necessità della mia presenza al fianco del team, considerate tutte le novità introdotte con la nuova America’s Cup, a partire dalle nuove barche a foil. Ho tentato una certa resistenza, perché vedevo complicato abbandonare la Joy Pictures, ma alla fine è stata una telefonata di Max Sirena a farmi capitolare: ho parlato con i miei soci e sono volato a Cagliari.
D: Che differenze hai riscontrato rispetto al tuo impegno da esterno?
R: Va da sé che essere organico al team ti proietta in una realtà totalmente diversa. Per uno che fa il mio lavoro è come avere accesso al più completo dei parchi divertimenti: abbiamo a disposizione il meglio che la tecnologia può offrire e strumenti così evoluti davanti ai quali l’unico limite è la fantasia.
D: Quali sono le tue mansioni?
R: Diciamo che è un mix delle due esperienze precedenti: mi occupo tanto del Sail Vision, quanto del software di navigazione. Volendo dare una spiegazione che aiuti a capire più esattamente le mie esatte mansioni possiamo dire che, partendo dai dati disponibili in un dato momento, cerco di capire dove sarà la barca e come starà navigando da lì a un certo numero di secondi.
D: Quali sono i tuoi referenti nel sailing team?
R: Ho contatti diretti con i due timonieri, Bruni e Spithill, con Sibello, che regola la randa e si occupa dell’osservazione tattica, e con Nobili, che a bordo è incaricato di alcuni compiti relativi alla strategia e che si occupa delle chiamate relative alla distanza della linea di partenza e dai margini del percorso. Gilberto collabora anche allo sviluppo e al design del software stesso. Altra figura di riferimento è Philippe Presti, il coach, che tramite il nostro lavoro ha modo di sapere sempre cosa succede a bordo dal punto di vista delle performance. Fuori dal sailing team, invece, mi relaziono principalmente con Francesco Mongelli e Matteo Ledri, che si occupano dell’analisi dei dati e del tuning degli strumenti di bordo.
D: Il software immagino sia unico, ma le informazioni sono le stesse per tutti o sono rese disponibili a seconda dei ruoli a bordo?
R: Ognuno dei componenti del team interessato ai dati ha a disposizione un tablet, sul quale legge informazioni dedicate a seconda del ruolo ricoperto: Bruni e Spithill, per fare un esempio, hanno bisogno di numeri che magari per Nobili hanno importanza minore e viceversa. Lo stesso dicasi per Sibello, la cui mansione principale è quella di regolare la randa.
D: Immagino che a questo punto ti sia venuta la dipendenza da America’s Cup: ti vedi ancora in questo ambiente in futuro?
R: Ora che ho provato, sarebbe davvero difficile dire di no. La 36ma America’s Cup deve ancora essere assegnata ma devo dire che mi piacerebbe farne un’altra, magari come Defender, Joy Pictures permettendo, ovviamente.
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