Vela e imbarcazioni, trent’anni vissuti da Marinariello
AlturaBreaking newsIn evidenzaORC-IRCVela 23 Agosto 2022 Zerogradinord 0
Monfalcone – Poteva finire sul marcato, una scelta facile, immediata, invece il filo che continua a legarlo a Carlo De Bona, l’armatore di una ‘vita’, l’ha portato a essere considerato parte della famiglia, e Marinariello è entrato in cantiere. Soggetto di un refitting completo per volere di Francesca De Bona e del fratello Andrea Cioni, è tornato a toccare l’acqua.
Costruito dalla Cookson, che a partire dal 1993 iniziò la produzione in piccola serie del progetto #336 IMS 39 di Bruce Farr, Marinariello è stato uno dei primi scafi a essere stampato e a lasciare il cantiere neozelandese.
A commissionarlo, colpito dalle linee di un progetto considerato avveniristico, il notaio Sergio Galgani, armatore molto attivo tra gli anni novanta e l’inizio del duemila, nonché fratello del noto giornalista di vela, Vanni. Ad affiancarlo, come team manager, Franco Corazza, cui si deve la scoperta e il lancio di alcuni tra i velisti italiani più apprezzati.
“Sono stati anni entusiasmanti, impossibile dimenticarli – ricorda Franco Corazza – Già poco dopo il varo, Marinariello vinceva il Campionato Italiano Assoluto di Altura di Poltu Quatu del 1994, evento che aprì la via alle importanti campagne internazionali sotto le insegne dell’Osama Sailing Team che è stato uno dei primi team strutturati e costruiti per vincere sul panorama velico italiano. A bordo di quella barca, passata a Carlo De Bona quando Sergio Galgani verso la fine degli anni novanta cambiò barca puntando sul Cookson 40, hanno navigato alcuni grandi nomi della vela italiana: da Tommaso Chieffi, a Vasco Vascotto, a Roberto Ferrarese“.
Acquistata da Carlo De Bona sul finire degli anni ’90, già a inizio degli anni 2000 Marinariello navigava in alto Adriatico, protagonista dei campionati autunnali e invernali di Lignano Sabbiadoro. A bordo, oltre a Carlo De Bona, un gruppo di velisti bellunesi, tra i quali Roberto Mares, Giuseppe Poletti, Francesco Pison, Mauro Dal Pont; al timone Berti Bruss.
Nel 2008 la barca viene sottoposta a un primo refitting che comprende il montaggio di un nuovo bulbo, più lungo dell’originale. Alla successiva 200 Miglia di Caorle arriva il successo assoluto in compensato, davanti a Mucillagine Rosa, a lungo dominatore delle lunghe adriatiche. Poi, dopo un Europeo IMS a Cres di ‘passaggio’, nel 2009 arrivano diverse affermazioni, tra queste 200×2 e 500×2, con a bordo la coppia Berti Bruss-Walter Gruden, e la Trieste-San Giovanni in Pelago-Trieste.
Nel 2010 ancora una vittoria in reale alla 500×2, prima del naufragio capitato durante la Trieste-San Giovanni in Pelago-Trieste: “Era il 18 settembre del 2010: alle 9.30 del mattino, stavamo navigando davanti a Punta Salvore, risalendo 30 nodi di Bora con due mani e l’olimpico – ricorda Berti Bruss – In falchetta sette persone, una alla volante e io al timone. Prendiamo un treno d’onde e si sente un botto sordo. Ne arriva un altro ed ecco il suono di un tondino che si rompe. La barca scuffia a 180° in un attimo, noi finiamo tutti in acqua”.
A recuperarli, dopo che sono riusciti a issarsi sullo scafo usando la catena dell’ancora che, per pura fortuna, era rimasta appesa di traverso lungo la chiglia, un peschereccio croato, che li porterà a Umago. Dopo un paio di giorni la telefonata: Marinariello è davanti a Caorle, in pratica era tornata a casa.
Effettuato il recupero e fatta la conta dei danni – oltre al bulbo, staccatosi di netto, la barca ha perso l’albero, rotto in tre pezzi, l’elettronica, e necessita di altri importanti lavori – il primo pensiero conduce alla vendita. Ma, allora come oggi, il filo non si è spezzato e considerata la disponibilità del bulbo originale e dell’albero di un Farr 40, le voci più importanti della ‘To Do List’, Marinariello resta in cantiere per un anno, dove viene sottoposto a un totale refitting per tornare, insieme a Carlo De Bona, a essere protagonista in Adriatico.
“Sono davvero contento che Francesca de Bona abbia deciso di rimettere Marinariello a nuovo: Carlo era innamorato perso di quella barca: le voleva bene ‘fisicamente’, c’era come un’empatia tra loro. Altro finale per questa storia, davvero, non poteva esserci” chiosa Berti Bruss.
Ed eccolo quindi Marinariello tra le boe di altre regate adriatiche, in anni più recenti sotto la guida di un gruppo che, in accordo con gli armatori, ha eseguito alcuni lavori di refitting cosmetico e altri interventi tecnici minori. Interventi che non sono serviti a prevenire la rottura di una crocetta e un conseguente, lungo, stop forzato: “E’ da quel momento che mi è stato chiesto di occuparmi della barca dal punto di vista tecnico e l’ho fatto affidandola alle cure di personale specializzato di mia totale fiducia – spiega Riccardo Ravagnan, weather strategist e responsabile tecnico del team – il primo obiettivo, a parte sistemare la rottura, è stato capire come mai si era verificata, onde evitare il ripresentarsi del problema. Una verifica effettuata tramite gli ultrasuoni che, estesa a tutto lo scafo, racconta di una barca in eccellenti condizioni di salute che, grazie alle ottimizzazioni effettuate, alla nuova geometria dell’albero e alle vele nuove delle quali sarà dotata, è pronta per tornare a recitare il ruolo da protagonista che le è proprio“.
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