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Prima che il tempo arrivi con le cesoie a sfoltire il rigoglioso albero dell'America's Cup, tastiamo il polso agli sfidanti ufficiali di Oracle Racing....

Ravenna – Prima che il tempo arrivi con le cesoie a sfoltire il rigoglioso albero dell’America’s Cup, tastiamo il polso agli sfidanti ufficiali di Oracle Racing. Ricordiamo che, stando a quanto indicato nel sito della manifestazione, ci sono ancora cinque challenger che, pur avendo presentato la documentazione necessaria, hanno chiesto di restare anonimi. Di questi, tre risultano regolarmente iscritti, mentre per altri due sono in corso gli accertamenti del caso. Tra gli anonimi dovrebbero esserci i russi di Synergy, i franco-tedeschi di All4One e, secondo voci insistenti, un terzo team italiano.

BMW Oracle Racing
Posizione davvero invidiabile quella del Defender che, oltre a disporre di inesauribili risorse economiche, di talenti ormai abituati alle dinamiche dei multiscafi e di un design team composto dagli specialisti più affermati, vola verso la prossima Coppa America forte di un vantaggio tecnologico che neanche la tradizione dell’America’s Cup, da sempre favorevole alle logiche del Defender, riesce a giustificare. Secondo Flavio Favini, in termini di ricerca e sviluppo, gli statunitensi sono avanti due edizioni; secondo Paolo Cian il gap è tale che Oracle Racing può permettersi di vendere agli altri parte del suo sapere senza per questo mettere a rischio la sua leadership. Semplici punti di vista? Sarà, ma la già marcata posizione di preminenza è ora esaltata da una entry list priva di competitors davvero in grado di strappare la Coppa dalle mani di Larry Ellison e del Golden Gate Yacht Club.

Artemis Racing
Tra tutti, quello svedese è senza dubbio il challenger meglio attrezzato. Merito di un armatore che tiene gli ingranaggi in movimento senza ricorrere agli sponsor. I ben informati raccontano che Torbjorn Tornqvist abbia messo a disposizione del team 100 milioni di Euro provenienti dalla sua riserva personale e che abbia invitato il management a coinvolgere altri finanziatori qualora l’importo stanziato sia ritenuto insufficiente. Se siano davvero 100 i milioni a disposizione del challenger guidato dal CEO Paul Cayard non è dato sapere, ma che Artemis stia portando avanti una campagna al top lo dimostrano l’apertura della base in quel di Valencia, l’acquisto a tempo debito di un AC45, la partecipazione all’Extreme Sailing Series e l’acquisizione di Gitana 12, un ORMA 60 che dovrebbe essere utilizzato come barca laboratorio per gli studi relativi all’ala rigida che il gruppo di lavoro coordinato da Juan Kouyoumdjian sta portando avanti.

Emirates Team New Zealand
In una recente intervista, lo skipper di Team Aleph, Bertrand Pacé, nel definire l’attuale quadro economico in ambito America’s Cup ha affermato che i kiwi hanno denari garantiti, ma solo fino a dicembre 2011, mese in cui scadrà il contratto di sponsorizzazione siglato con Fly Emirates, storico partner del team. Un dettaglio che non ci impedisce di indicare i neozelandesi come sfidanti degni di una certa credibilità. Grant Dalton, da sempre piuttosto critico nei confronti dell’organizzazione, ha atteso a lungo prima di ufficializzare l’iscrizione di Emirates Team New Zealand e se lo ha fatto, ne siamo certi, è perché sicuro del fatto suo e, con ogni probabilità, del rinnovato appoggio garantito da Matteo De Nora, appassionato finanziatore del team. Che senso dare altrimenti all’AC45 varato un paio di settimane fa e al via libera accordato a Marcelino Botin, capo del design team?

Mascalzone Latino
A meno di novità dell’ultim’ora, tira aria di rinuncia dalle parti di Mascalzone Latino. Alle inequivocabili dichiarazioni di Vincenzo Onorato, che un paio di mesi fa affermava di non avere alcuno sponsor, si sono aggiunti indizi di una certa rilevanza. Il più eclatante è il mancato impiego dell’AC45, scelta alquanto singolare per un team che, seguendo il naturale ordine delle cose, dovrebbe essere stato tra i primi a piazzare il suo ordine. Per dovere di cronaca va sottolineato che, sul multiscafo del Challenger of Record, circolano due voci. Secondo quella ufficiale, l’AC45 di Mascalzone Latino è stato charterizzato da Oracle Racing; secondo Bertrand Pacé, invece, è stato comprato direttamente dal team statunitense che ne ha piena disponibilità. All’affaire AC45 si aggiunge la decisione di Francesco Bruni, skipper in pectore del team, di tentare la qualifica olimpica in Star assieme a Leone Rocca, e la scelta di focalizzare la stagione agonistica sul solo circuito Melges 32, preferito al più elitario RC44 Championship Tour. A riprova poi dello scarso “peso politico” del Challenge of Record, c’è la mancata designazione di una sede italiana per una delle frazioni d’apertura del America’s Cup World Series, obiettivo dichiarato come prioritario dal management di Mascalzone Latino.

China Team
Sailing camp in corso sotto la supervisione del direttore tecnico Mitch Boot per China Team. Il sindacato di Wang Chao Yong e di Thierry Barot è al lavoro per selezionare l’equipaggio. Nomi, ovviamente, non se ne fanno e se anche fosse ci direbbero poco o niente, vista l’intenzione di coinvolgere principalmente velisti provenienti dalla squadra olimpica cinese. Nel frattempo il management del team proveniente dalla terra dei dragoni si appresta a ritirare il suo AC45, in consegna ad Auckland il 25 aprile. Supportato dal governo di Pechino, che garantisce ai tecnici del team libero utilizzo delle infrastrutture disponibili presso alcune Università e favorisce, con il semplice patrocinio, l’ingresso di nuovi finanziatori, China Team è al momento supportato economicamente dal solo Wang Chao Yong. Nel corso di un’intervista rilasciata a VSail.info, Thierry Barot ha però sottolineato che entro pochissimi giorni verranno resi noti i nomi dei primi sponsor e che la situazione generale del team è ben diversa rispetto a quella di Valencia 2007: “Allora il nostro unico obiettivo era non arrenderci mai, dare sempre il massimo. Questa volta, pur sapendo che non sarà semplice, abbiamo dalla nostra un budget più confortante e la possibilità di intraprendere una campagna di tre anni”. Tutto sommato niente male per un team che, privo della necessaria esperienza, pone il successo al di sopra degli obiettivi raggiungibili.

Venezia Challenge
Quale futuro per Venezia Challenge? Da supporter della vela italiana ci auguriamo roseo, ma solo il tempo potrà dare le risposte circa l’efficacia del modus operandi impostato da Carlo Magna. Nel corso di una lunga intervista rilasciata a Zerogradinord.it, il presidente del team ha parlato di e-commerce, raccolta fondi via sms, unconventional marketing e meccanismi virali ma, pur assicurando la presenza del team in quel di Cascais, non ha dato risposte utili a capire il reale stato delle cose. Certo è che Venezia Challenge, tramite il Circolo Canottieri Roggero di Lauria, il Golden Gate Yacht Club lo ha sfidato per davvero. E’ però altrettanto vero che di AC45 “graffiati” del leone di San Marco ancora non ne galleggiano. Piccolo inciso per ricordare che la partecipazione alla 34ma America’s Cup può prescindere dalla presenza alla prima edizione dell’America’s Cup World Series, un po’ meno dal pagamento della prima tranche della quota d’iscrizione, da versare entro fine aprile. Una “regola” che, ovviamente, vale per tutti.

Team Aleph
Avere anticipato i connazionali di Energy Team e di All4One nel lanciare la sfida al Golden Gate Yacht Club non ha aiutato Team Aleph ad assicurarsi il budget necessario per partecipare alla 34ma America’s Cup. A Voiles et Voiliers, Bertrand Pacé, che per la sua sfida ha anche ottenuto l’appoggio della Federvela francese, suscitando qualche polemica da parte dei citati antagonisti, ha parlato in modo diretto, affermando che, allo stato attuale, le casse del team sono vuote. Nonostante ciò: “Stiamo continuando a lavorare in questa direzione – ha affermato lo stesso Pacé pochi giorni dopo aver smentito voci di rinuncia – Abbiamo contatti molto buoni. Le cose paiono procedere, ma niente è ancora certo allo stato attuale”. Contatti promettenti uguale ingresso di fondi imminente? Non proprio, perché “…l’unica cosa di cui sono certo è l’idea che ho di cosa serve per chiudere il cerchio. Sono un po’ frustrato perchè siamo pronti per partire. La situazione globale è delicate e gli accadimenti giapponesi non rendono certo le cose semplici…”.

Team Energy
Della voglia di Coppa dei francesi abbiamo già parlato nel capitolo dedicato a Team Aleph. Agli atti, la seconda sfida ufficiale proveniente da oltralpe è quella dell’Energy Team. Supportato dallo Yacht Club de France, e per questo ancor di più inviso a Bertrand Pacé, che lo yacht club ha dovuto crearselo, il tentativo dei fratelli Peyron, Bruno e Loick, sembra essere quello che in Francia ha riscosso il maggior successo. In termini di budget, l’obiettivo dichiarato all’atto della presentazione della sfida era di 70 milioni di Euro, ma anche in questo caso non è dato sapere a quanto ammontino i fondi attualmente a disposizione del team, a favore del quale giocherà il successo ottenuto da Loick in coppia con Jean Pierre Dick nella Barcelona World Race.

Team Australia
Una breve apparizione ad Auckland, quattro bordi sull’AC45 e poi, usciti dall’anonimato, la presentazione della sfida. Un ritorno decisamente low profile quello degli australiani in Coppa America, che non ha mancato di sollevare polemiche da parte di David Fuller. Il noto giornalista aussie, fondatore di Yachtsponsorship.com e già collaboratore del Manchester United e della NASCAR, si è subito chiesto: “Com’è possibile che nell’ambito di un evento nato con l’obiettivo di portare il professionismo velico verso una nuova era, e che promette il ritorno economico di investimenti superiori ai 50 milioni di Dollari, si possa ufficializzare l’accoglimento di una sfida come quella australiana, incapace di produrre il nome di un leader, di un velista, di uno yacht club e priva di un sito internet funzionante?”. La domanda rivolta a Team Australia resta ancora valida: nonostante il sito del team sia finalmente on-line, tutto sembra ancora galleggiare nel limbo dell’incertezza.

Team Korea
Annunciato nell’intervista rilasciata a Zerogradinord.it da Francesco de Angelis, l’aumentato interesse da parte di team orientali verso il mondo dell’America’s Cup è diventato tangibile con le sfide lanciate da China Team, già challenger ufficiale nel 2007, e da Team Korea. Del resto, che sia “l’impero di Cindia” ad avere in mano le redini dell’economia mondiale è cosa nota, e non c’è quindi da sorprendersi se la corsa al budget abbia visto primi sul traguardo cinesi e coreani. Guidati dall’organizzatore della Korea Match Cup, Dong Joung-Kim, i coreani sanno di avere un gap enorme da colmare e non si fanno certo illusioni: “E’ finalmente giunto il momento della Korea, un evento che dimostra come la Coppa America sia davvero cambiata – è stato il commento di Dong Joung-Kim – Certo, sappiamo di avere un gap importante da colmare, ma visto il nostro impegno a lungo termine, ci presentiamo davanti a questa sfida con l’intenzione di fare esperienza e costruire un team che speriamo possa in breve tempo diventare un fiero avversario per i team ad oggi meglio organizzati”.

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