America’s Cup, il Comandante Sarno: “Shosholoza non ci sarà”
America's CupTeam ShosholozaVela 20 Dicembre 2010 Zerogradinord 1
[singlepic id=2176 w=213 h=320 float=left]America’s Cup – Durban – La 34ma Coppa America incassa un’altra defezione da parte dei team iscritti all’America’s Cup di Valencia 2007. Il Comandante Salvatore Sarno, deus ex machina di Shosholoza, ha infatti annunciato che il team sudafricano non sarà tra gli sfidanti della prossima edizione. Il responsabile di MSC Sudafrica ha deciso di seguire la scelta di Sir Keith Mills, patron di Team Origin, a causa dei costi giudicati eccessivi per poter allestire una sfida competitiva: “Non è una bella cosa… Larry Ellison ha lasciato fare tutto a Coutts e penso che il risultato sia assolutamente catastrofico. A parte la spettacolarità dei mezzi, si è voluto andare troppo avanti con l’evoluzione. Le barche da 90 piedi proposte da Alinghi avrebbero dato lo stesso spettacolo e sarebbero costate di meno”.
Di questo e di altro il Comandante ha parlato nel corso di un’intervista rilasciata a Salvatore Siviero del Quotidiano Nazionale.
QN: Cosa succede? Le capita di essere fermato dagli appassionati di vela che chiedono di Shosholoza? Ci dice cosa le dicono esattamente?
CS: Beh, mi capita molto più spesso di quanto avessi mai potuto immaginare. Shosholoza è rimasta viva nella mente degli appassionati di vela perché chiunque avrebbe potuto immedesimarsi nel ruolo di uno dei miei ragazzi. Mi si chiede se parteciperemo alla prossima Coppa America e io rispondo che sarà molto difficile. Molti vogliono sapere cosa fanno i ragazzi, e non rimangono sorpresi nell`apprendere che quasi tutti sono ritornati ai lavori originali.
QN: Facciamo un passo indietro a qualche anno fa. Come nasce Shosholoza?
CS: Shosholoza era un suo sogno, ora è realtà
QN: E come si realizza un sogno?
CS: Costa un sacco di stress. Mio figlio, che è un ottimo chirurgo, mi ha sempre detto che esistono due tipi di stress: quello buono e quello cattivo. Quello buono è quello prodotto dal lavoro che si ama, e dalle imprese come Shosholoza: qualcosa che stanca ma non ammala. Quello cattivo e`prodotto dalla cattiveria della gente, e anche da un lavoro che non si ama. Ci si ammala e ci si può rimettere la salute com`e`successo a me, per la cattiveria dopo Shosholoza. Sono sempre stato un sognatore, proprio come la canzone di Peppino di Capri. Da bambino, a casa mia a Nocera, salivo sulla montagna per vedere uno spicchio di mare, e sognavo di conquistarlo, un giorno, prima o poi. Non ho mai smesso , ci ho sempre creduto ed in qualsiasi cosa che ho fatto ho messo tutto il mio impegno e sopratutto la passione senza risparmio.
QN: C’è un segreto in tutto questo?
CS: Il segreto è semplice e complesso: si deve credere veramente nel sogno, anche se grande; non ridimensionarlo o accontentarsi. Naturalmente c`è bisogno di un`analisi profonda del progetto ma l`ingrediente più importante è la passione, e quella cosa strana che si sente in mezzo al petto quando ci si pensa, quella cosa che gli inglesi chiamano “feeling”. Avendo quella cosa, riesci a trasmettere passione anche agli altri, quelli che ti devono seguire, e soprattutto quelli che ti devono finanziare. E ti assicuro che la gente sa vedere se la passione c`è veramente.
QN: Così arriviamo a Shosholoza. Ma quando comincia veramente l’avventura?
CS: Nel momento preciso in cui ho cominciato ad avere un equipaggio di ragazzi neri, nel 2001. Ho pensato che si poteva mostrare al mondo che nel nuovo Sud Africa, neri e bianchi potevano fare qualcosa di buono lavorando insieme, e quale migliore palcoscenico se non quello della Coppa America? Così ne ho parlato ai miei figli e mia moglie.
QN: Il primo vero step verso la Coppa?
CS: Sicuramente il nome. Avrei voluto usare Madiba che è come i neri chiamano Mandela, ma poi pensai che qualcuno avrebbe insinuato che volessi usare Mandela, ed io amo e rispetto troppo l’uomo per lasciar insinuare qualcosa del genere. Scelsi perciò Shosholoza, che e`un inno al lavoro di gruppo, proprio quello che ci voleva.
QN: Professionalità ai massimi livelli, nessun orario lavorativo stabilito quando si lavora, e mille imprevisti sempre dietro l’angolo. Come si sta al tavolo dei giganti della vela?
CS: E`molto più facile di quello che si pensa, ed in ogni caso molto più facile del mio normale lavoro, che è sempre pieno d`incognite e difficoltà di ogni genere.
QN: E ora, che tutto sembra cambiato con i nuovi catamarani, cosa succederà della vecchia cara America’s Cup?
CS: (L’espressione del volto di Sarno si fa cupa) Non è una bella cosa… Larry Ellison ha lasciato fare tutto a Coutts e penso che il risultato sia assolutamente catastrofico. A parte la spettacolarità dei mezzi, si è voluto andare troppo avanti con l`evoluzione. Le barche da 90 piedi proposte da Alinghi avrebbero dato lo stesso spettacolo, e sarebbero costate di meno.
[singlepic id=1525 w=320 h=213 float=left]QN: Mascalzone Latino come Challenger of Records.
CS: Onorato ha accettato troppe idee di Russel Coutts. Offende l’intelligenza di tutti gli sportivi italiani quando dichiara, d’accordo con Coutts, che si sono ridotti i costi, e poi dice che ci vuole un budget di 80 milioni. Aumentando l’entry fee ad un milione ed il performance bond a due, si è voluto restringere la cerchia dei possibili partecipanti. Team Origin ed i tedeschi hanno fatto sapere che una sfida costa molto di più dei 25 milioni che molti avevano budgettato (incluso noi di Shosholoza). Anche se c’è da apprezzare la sportività, mi sembra ridicolo per un team andare in Nuova Zelanda a fare più o meno un corso di vela, per poi pensare di battere i maestri. Tutti dovrebbero sapere che nella passata edizione i francesi, i tedeschi, i cinesi e gli svedesi avevano un budget vero di 25 milioni, +39 stava sui 20, i neozelandesi su 35 e noi sui 17. Ora ci vogliono 3 milioni per incominciare e poi andare a fare pratica di catamarano ad ala fissa in Nuova Zelanda. Insomma, come dichiarato dagli stessi organizzatori, ci vogliono tra i 40 ed i 70 milioni per i 3 anni: pazzesco di questi tempi.
QN: Come sarà la prossima Coppa America? Mettendo da parte l’ultima strana sfida, può essere più bella della 32° alla quale ha preso parte Shosholoza?
CS: La 32ma Coppa America resterà nella storia come la più bella competizione velica mai disputata. Non dimenticherò mai Trapani. Non si ripeterà mai più una simile affluenza di pubblico ed un simile entusiasmo. Gli Act davano quel qualcosa in più alla competizione finale. Sicuramente la prossima Coppa sarà spettacolare e le barche (non so dire quante, quattro o forse cinque?) daranno spettacolo ma non ci sarà match race. Una specie di formula uno, forse questo si, ma il pubblico è pronto al drastico cambiamento? Probabilmente ci vorrà un pò di tempo, ed in ogni caso mi auguro che alla fine la vela ad ala fissa o no, continui ad entusiasmare.
QN: Comunque sarà, una nuova sfida africana sarà mai possibile?
CS: Certamente si, ma non per quest’edizione. Il mondo è ancora in crisi e per come la vedo io, i telefonini possono sponsorizzare solo una o due barche alla volta…
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