America’s Cup, Francesco de Angelis a tutto tondo
America's CupEnglishVela 16 Febbraio 2011 Zerogradinord 1
Milano – Francesco de Angelis, per tutti lo skipper di Luna Rossa. Per gli esperti di Coppa America l’unico skipper non aglosassone ad aver vinto la Louis Vuitton Cup e un leader di talento, con oltre dieci anni di esperienza specifica alle spalle. Una voce tra le più autorevoli che, nel corso di questa intervista concessa a Zerogradinord.it, esprime in modo chiaro e approfondito il suo pensiero circa la nuova America’s Cup.
ZGN: Grazie per il tempo che hai deciso di concederci e benvenuto su Zerogradinord.it. Visto l’interesse che ha suscitato l’intervista rilasciata la scorsa settimana da Vasco Vascotto la prima domanda è quasi d’obbligo: fai parte di quel novantotto percento che critica la nuova Coppa America o appartieni alla ristretta minoranza di favorevoli?
FdA: Non mi vedo incasellato in quel novantotto e due per cento. Esprimo con piacere il mio pensiero a Zerogradinord.it che me lo richiede e le mie parole non sono una risposta alle dichiarazioni di Vasco, che comunque hanno avuto il merito di attivare una discussione interessante. Nella sua intervista ci sono molti spunti condivisibili e altre cose sulle quali ho una visione differente. Ora il piano è fatto, i concorrenti reali sono meno di quello che avremmo sperato, ma se si vuole essere obiettivi dovremmo aspettare il 2013 per fare il bilancio. Per adesso ciascuno può esprimere il suo punto di vista o parlare di ciò che lui avrebbe fatto al posto del Defender. Ci troviamo di fronte ad un progetto ambizioso e difficile. Sappiamo tutti quanto in fatto di pubblicità e promozione la Coppa America rappresenti per la vela e per la nautica in generale, per cui, in realtà, dovremmo esserne tutti dei tifosi e per questo ci sta molto a cuore. Chi ha potere decisionale nell’organizzazione della Coppa deve sentire questa responsabilità nei confronti dello sport, dei suoi praticanti, del pubblico e agire genuinamente anche negli interessi di tutto questo.
ZGN: Volendo rinnovare la Coppa America era necessario puntare sul multiscafo o si potevano percorrere altre strade?
FdA: Il cambiamento era necessario e il cambio di classe era indispensabile. Monoscafo o multiscafo? Ognuno in merito ha la sua opinione. Ritengo che i velisti, in quanto professionisti, riusciranno, attraverso l’allenamento, a fare match race anche impiegando una piattaforma diversa. Sicuramente il grande pubblico è riuscito ad appassionarsi al gioco della vela attraverso anni di televisione ed era riuscito a capirne le regole più importanti che, non va dimenticato, sono difficilissime. Ovviamente tutto questo cambierà radicalmente, perché l’introduzione dei multiscafi imporrà profonde modifiche anche al Regolamento di Regata che, allo stato attuale, non consente agli umpire di arbitrare duelli con questi nuovi mezzi. Se il catamarano sarà adatto o meno, quindi, lo vedremo più avanti. Dipenderà anche da che tipo di percorsi verranno scelti, dalle nuove regole e dal formato delle regate.
ZGN: La Coppa insegna che il Defender ha da sempre i suoi vantaggi ma è opinione diffusa che Oracle Racing muova verso la difesa forte di un gap incolmabile. E’ davvero così?
FdA: La storia racconta che uno sfidante può battere il Defender. Indubbiamente Oracle Racing si ritrova con un vantaggio iniziale molto grande, ma non solo sull’aspetto tecnologico, perché alla fine l’ala non è così complessa come si è portati a pensare. Il vantaggio degli americani sta nell’aver selezionato bene il personale sfruttando il momento di transizione tra la vittoria e la presentazione del nuovo format. Ha potuto rinforzare tutti i settori che riteneva migliorabili. E poi non va dimenticato che il Defender è a pieno regime da quasi quattro anni. Dal punto di vista strutturale la macchina è organizzata benissimo: il loop tra design team, cantiere, velisti, tecnici, addetti al collaudo è da sempre attivo. Sarà davvero molto difficile per gli sfidanti… ma non impossibile.
ZGN: Poco tempo prima della scelta del catamarano, l’ISAF aveva deciso di escludere il multiscafo dal novero delle Classi Olimpiche. Ora, dopo la scelta di Oracle Racing, sta tornando sui suoi passi. Che interpretazione dare a questa “contraddizione” interna al mondo dell’agonismo velico?
FdA: E’ un osservazione interessante. Non tanto per la decisione in sé, visto che si potrebbe argomentare che il Defender ha scelto il mezzo sul quale si sente più forte in vista della Coppa nel 2013. Sarebbe interessante capire qual è stato il reale processo che ha portato alla scelta del multiscafo. Mi sembra infatti fossero molti di più i challenger interessati a una Coppa sui monoscafi. Ma, del resto, per quanto probabilmente assunta in modo unilaterale, si è trattato di una scelta lecita. Venendo al nocciolo della domanda, la marcia indietro dell’ISAF sottolinea, oltre ad una incerta visione di quello che può rendere la vela più “popolare”, anche un frazionamento dell’ambiente, e questo è un grande problema per la vela. Considero infatti un’occasione persa il fatto che, a partire dal 2010, le persone che si sono ritrovate a gestire il potere in ambito Coppa America e a dover assumere giustamente decisioni importanti in virtù dei risultati conseguiti sull’acqua, non abbiano pensato a raccogliere i personaggi di riferimento del nostro settore attorno a un tavolo. Si sarebbe potuto così lavorare a un piano coerente di rilancio a lungo termine per lo sport.
ZGN: L’introduzione della classe AC45 era necessaria? Non si poteva saltare lo step e passare subito agli AC72, fissando la Coppa nel 2014?
FdA: L’AC45 è un bel progetto, non c’è dubbio, ma rappresenta un costo in più per i team. Se già hai il budget risicato e poi te ne devi mangiare una parte su questa barca e sul relativo circuito, è chiaro che bruci risorse altrimenti utili altrove. Di questo progetto intuisco la visione, percepisco cose positive, ma è di certo impegnativo. La mia domanda è: la prossima Coppa America deve essere per forza una cosa da Guerre Stellari o, per come sta cambiando il mondo, puoi comunque conservare un livello tecnico altissimo, ma essere più vicina al mondo reale? Se ne può fare una versione più frugale? Non posso non ricordare le belle edizioni in Nuova Zelanda. Possibile che sul giornale si legga che la città di San Francisco e l’America’s Cup Race Management stiano cercando 300 milioni di Dollari da spendere nell’organizzazione? Servono davvero 300 milioni di Dollari per tre mesi di regate? Se poi ci metti i budget di sei-sette team, che spenderanno, ipotizziamo, una media di una cinquantina di milioni l’uno, arrivi a fare un conto di 600 milioni di Dollari. Sono cifre enormi. Intanto Barack Obama parla di ridurre il deficit dello Stato di 1100 miliardi di Dollari. Mi metto nei panni di un’azienda: voglio promuovere il mio marchio, ma ho anche esigenze di responsabilità, di etica nei confronti dei miei dipendenti e della comunità. Voglio quindi che il mio investimento segua un determinato progetto e abbia certe caratteristiche. Se la manifestazione da l’impressione di essere una sfida tra mega-miliardari è un’immagine nella quale non è detto che io mi identifichi.
ZGN: Abbiamo più volte pronunciato la parola budget. A un armatore che venisse da te con l’intenzione di fare la Coppa e ti chiedesse quanto ci vuole, cosa risponderesti?
FdA: Per partecipare o per cercare di vincere? Una volta ti avrebbero risposto: serve quello che serve… e c’è chi l’ha fatta così anche di recente. Io credo che, con le informazioni che ci sono, e ne mancano ancora, un budget di un team di punta non sia dissimile da quello del 2007. Io non vedo un calo dei costi. Avrai anche meno uomini di equipaggio, ma non è solo riducendo il numero degli atleti che contieni il budget. E’ vero che il personale è una delle voci più importanti, ma la ricerca necessaria per il progetto, la durata della campagna e la logistica sono voci notevoli, davanti alle quali le spese relative a barche e costruzione sono inferiori. Comunque i soldi li trovi se l’evento è di qualità, è sostenibile e spettacolare e comunica emozioni e giusti valori. Non bisogna infatti dimenticare che la sensibilità delle persone sta cambiando rapidamente, vedremo…
ZGN: La prossima sarà una Coppa competitiva o sarà caratterizzata da grosse differenze di velocità?
FdA: La storia dell’evento dice che ad ogni cambio di formula sono corrisposte maggiori differenze dal punto di vista prestazionale. Questa però è anche un’opportunità per i team che, pur con mezzi limitati, imbroccano la scelta giusta. Credo che molto si giocherà sullo studio dell’ala. Gli scafi non sono poi così complessi da disegnare. Non sto sotto stimando il compito dei designer, ma vedo più vantaggio da acquisire progettando le ali giuste. Molto dipenderà anche dalle differenze meteorologiche che San Francisco offrirà tra il periodo delle selezioni e il match: il Defender potrebbe concentrarsi nel progettare la sua piattaforma da utilizzare in una piccolissima finestra meteo. Sono poi molto curioso di vedere come saranno i percorsi: c’è l’esigenza di tenere le barche vicine per favorire la spettacolarità e mettere l’accento sull’uomo, che sarà chiamato a fare la differenza. Inoltre, come dicevo prima, tanto dipenderà anche da come cambieranno le regole di regata. Questo è un aspetto molto delicato. Pratichiamo uno sport che ti costringe a studiare il regolamento ogni anno, il che è già atipico in sé. Adesso abbiamo un evento in programma nel 2013 e ancora non sappiamo niente in fatto di regole. Diciamo che va bene così, perché siamo professionisti. Ma mettiamoci per un attimo nei panni di un semplice appassionato che la vela l’ha seguita di notte quando si era ad Auckland, o durante la Coppa di Valencia e si è sforzato di imparare le regole per capire cosa stava guardando. Questo si troverà davanti a uno sport diverso, fatto con barche diverse e regole diverse. Cosa gli spieghi? Sarà certo più facile per chi si troverà a seguire le regate per la prima volta.
ZGN: Parlavi di San Francisco. Condividi la scelta del Defender di portare la Coppa oltre Oceano?
FdA: Beh, caspita, ha fatto tre sfide per riuscire a vincere ed è di San Francisco. Anche io me la sarei portata a casa. E’ un posto bellissimo, un teatro naturale. Non credo che sia questo il problema. Certo, è importante ci sia un circuito che tocchi varie nazioni ma, anche in questo caso, dipende da quanto fieno uno ha in cascina.
ZGN: Da protagonista della scena hai avuto modo di assistere al lavoro svolto da Alinghi in vista della 32ma America’s Cup. Meglio l’approccio del Defender svizzero o quello del Defender statunitense?
FdA: Anche in questo caso è necessaria una premessa: per fare le regole devi prima di tutto vincere la Coppa. Chi non l’ha vinta deve rispettare il ruolo e le prerogative del Defender. Ciò detto è innegabile che l’edizione del 2007 ha goduto del cambio di continente, perché per la prima volta la Coppa è arrivata in Europa e questo ha contribuito non poco a far crescere l’entusiasmo attorno all’evento. Grande merito va riconosciuto ad Alinghi per aver introdotto l’idea degli Act che, toccando diverse nazioni, hanno fatto crescere l’attesa nei confronti della manifestazione. Ne è nata una Coppa che tutti ricordano come una delle più belle di sempre perché ricca di team, di pubblico e caratterizzata da un livello tecnico elevatissimo. E’ stata la Coppa dei grandi numeri, sotto tutti i punti di vista. Avendo vissuto quel cammino so che erano stati soddisfatti tutti i requisiti necessari per sedersi a un tavolo con gli sponsor. Chi ti deve finanziare vuol sapere subito dove, come e quando, altrimenti non si sofferma nemmeno a valutare il dossier. Purtroppo il cambiamento imposto dal 2010 in avanti manca ancora di dati importanti. Sappiamo da poco che il match sarà a San Francisco nel 2013, ma non si conoscono ancora date e luoghi delle tappe del circuito, tv, diritti televisivi, etc. etc. Questo, indipendentemente dalla quantità di soldi necessaria a partecipare, non ti da la possibilità di poter chiudere accordi con gli sponsor in tempo perché il tuo progetto possa avere realmente una buona chance tecnico- sportiva.
ZGN: Quali sono le tempistiche per un team che sta partendo in questo periodo?
FdA: Un team che vuole arrivare a giocarsi la finale ha iniziato a lavorare quando è stato ufficializzato il regolamento di classe. E’ in quel momento che devi avere la capacità di spendere del denaro. Immagino costruiresti la prima barca tra giugno e agosto di quest’anno. Vuol dire che hai progetto e cantiere pronti, hai ordinato i materiali. Questo mentre ti mancano ancora alcune informazioni chiave per coinvolgere gli sponsor. Come fai? Per paradosso lo start up di questa campagna non favorisce un progetto che nasce con risorse degli sponsor, ma chi ha la possibilità di avere un armatore che lo traghetti almeno per il periodo iniziale. L’armatore è la figura chiave nel mondo della navigazione, sia essa mercantile, per diporto o agonistica, E’ chi compra la barca. Nel caso delle regate è una figura mossa da una grande passione ma, alla fine, i conti devono tornare per tutti. Siccome sono pochi quelli che possono fare la Coppa da soli, anche gli armatori hanno bisogno degli sponsor.
ZGN: …un ritorno all’epoca dei J-Class, quando a lottare per la Coppa erano Vanderbilt, Lipton e altri come loro…
FdA: Esatto. Sembra quasi che il ragionamento iniziale sia stato quello di fare una Coppa per pochi e basta. In fondo serve un solo sfidante forte per avere una bella finale. Diverso sarebbe stato ricevere nel giugno 2010 il programma definito, il regolamento di classe, le date e i luoghi del circuito… So bene che non era lavoro da poco e avrebbe dovuto iniziare ancor prima che Oracle Racing avesse vinto la Coppa, ma al Defender non mancano né mezzi, né personale qualificato. Sono convinto che se così fosse stato, oggi magari ci sarebbe qualcuno in più sulla lista dei concorrenti e magari solido.
ZGN: …esempio di armatore, allora, è quello di Torbjorn Tornqvist e di Artemis Racing…
FdA: …infatti, lui è uno che, pur in assenza del quadro completo, ha la forza per poter affrontare la campagna da solo e ha deciso di partire. Poi magari gli sponsor li troverà lungo la strada. Ma non sono molti come lui. Anzi, sono pochissimi e, di conseguenza, i numeri, in fatto di iscritti reali, per adesso sono limitati. Era questo l’obiettivo, visto che il 2013 è così vicino?
ZGN: La Coppa pare muovere meno interesse del previsto in Europa e in molti tirano in ballo la crisi economica. Però di America’s Cup si inizia a parlare in altri continenti…
FdA: A mio modo di vedere è sbagliato parlare di crisi. Certo, c’è stata una crisi del settore bancario, che ha fatto partire una rivoluzione che ha cambiato il mondo sotto tanti aspetti. E sono cambiati velocemente anche gli equilibri economici. La ricchezza non è scomparsa, si è spostata. Questo per me è un punto davvero importante. Se guardi, il fatturato delle aziende è aumentato, vedi Oracle… Siamo tuttavia davanti a un cambiamento epocale, non solo a una crisi che prima o poi passa. Ci sono paesi in crescita che sono lontani dall’Europa e non mi riferisco a Cina, India e Brasile, che sono già emersi. Se pensi alla Coppa del 2007, otto dei dodici team coinvolti venivano dal vecchio continente. Con il cambiamento che è in corso, pensare di poter replicare le stesse percentuali di Valencia era un sogno. Quando vedo tutti questi potenziali challenger europei penso subito al fatto che non ci sono risorse sufficienti per tutti. Del resto, nel corso degli ultimi due anni l’ho verificato per mio conto, cercando di organizzare un bel progetto. Forse ci sarà qualche realtà nuova, proveniente da altri continenti, ma in tal caso l’organizzazione dell’evento dovrebbe adoperarsi per supportarle nel creare la struttura necessaria a muovere i primi passi, perché parliamo di realtà prive di esperienza a questo livello. Ma il tempo corre.
ZGN: Credi che il format di un circuito come l’Extreme Sailing Series possa essere un buon esempio?
FdA: Si. E’ organizzato pensando alle esigenze dei team e dei loro sponsor. Nel momento in cui si presenta la stagione hai subito le informazioni necessarie per coinvolgere i finanziatori. Conosci i luoghi delle regate e il calendario, hai in mano lo storico della comunicazione e gli eventi sono vicinissimi al grande pubblico. Potrai argomentare che non sono il massimo in fatto di espressione tecnica della vela, ma le regate sono spettacolari, veloci, divertenti. E’ un bel circo, nel senso positivo del termine. E’ giusto che goda di successo che ha perché è un’attività ben organizzata.
ZGN: Venendo al ruolo del Challenge of Record, molti accusano Mascalzone Latino di essere troppo immobile. Tu hai avuto l’onere e l’onore di interpretare questo delicato ruolo in vista della Coppa del 2003. Quali sono le reali difficoltà connesse al compito del Challeger of Record?
FdA: Ho fatto quell’esperienza nel 2003 e, consentimi di dire, svolgemmo un buon lavoro, se è vero che alla fine vinse il challenger ufficiale (ndr, Alinghi). Le difficoltà dipendono molto da come sono impostate le cose all’inizio e dalla visione che Defender e Challenger of Record hanno dell’evento. Ricordo che, forti dell’esperienza del 2000, quando giungemmo alla finale provati dopo il cinque a quattro con il quale vincemmo la Louis Vuitton Cup, lavorammo con grande attenzione per strutturare in modo adeguato il calendario agonistico. Il nostro obiettivo era garantire allo sfidante i necessari tempi per recuperare e preparare la barca prima dell’inizio della finalissima. Ovviamente fu criticato, perché in molti dicevano che il formato era troppo lungo, ma in realtà la nostra visione fu alla fine condivisa anche dai kiwi e dagli altri concorrenti. E poi introducemmo l’idea dei ripescaggi, per dare ai team più piccoli maggiore visibilità.
ZGN: A tuo modo di vedere sono fondate le critiche di chi accusa l’attuale Challenge of Record?
FdA: Gli osservatori come me possono limitarsi a commentare su quanto Mascalzone Lationo abbia cambiato la sua visione da quando, durante il litigio tra la Société Nautique de Genéve e il Golden Date Yacht Club, sosteneva una Coppa con la Versione 5 degli ACC. Poi comunque un monoscafo e alla fine abbia abbracciato entusiasta l’idea del multiscafo. Per quanto riguarda il punto del contenimento del budget, al tirar delle somme, e volendo essere competitivi, non vedo un gran successo. Sul lavoro specifico che sta facendo con gli attuali sfidanti, e su quanta pressione stia mettendo al Defender sui punti in sospeso, possono commentare solo i diretti interessati.
ZGN: Venendo al Francesco de Angelis atleta, c’è stato qualche armatore che ti ha fatto la domanda di prima, ovvero quanto ci vuole per fare la prossima Coppa America? Stai lavorando a qualche progetto in tal senso?
FdA: Ho provato a sondare il terreno nel mondo del corporate, contattando grosse aziende e grosse industrie. Come ho avuto modo di dirti prima, la loro attenzione è per il momento indirizzata verso altri sport che, al fronte di un impegno economico inferiore, garantiscono un ritorno maggiore. Sono “concorrenti” molto difficili da affrontare perché siamo ancora disarmati dal punto di vista delle informazioni. Le aziende usano lo sport anche come corporate entertainment. Hanno bisogno di pianificare a lungo e hanno bisogno di conoscere il calendario degli eventi. Ho preso atto quindi che non c’erano le condizioni per partire con il progetto a cui pensavo nei tempi corretti. Nel corso dei dieci anni spesi in questo mondo, ho imparato a gestire un team sia quando le cose vanno bene, sia quando sono difficili. Mi piace il gioco e mi piacerebbe farlo ancora, ma per adesso non vedo grosse opportunità in tempi brevi.
ZGN: In vista della stagione 2011 hai qualcosa di interessante tra le mani?
FdA: Farò del one design e alcune regate offshore a cui non ho ancora partecipato. Questo è anche l’anno del Fastnet. Le regate non mancano certo. Peccato però che non ci sia un bel programma Grand Prix italiano. E poi bisogna iniziare a guardare lontano e dedicarsi ad attività magari legate al settore, anche se non propriamente collegate al mondo dell’agonismo.
AMERICA’S CUP, FRANCESCO DE ANGELIS ON THE AMERICA’S CUP
Milan – Without any doubt, Francesco de Angelis is the most qualified Italian to talk about the America’s Cup. In fact, he’s the first and only so far, non-Anglo-Saxon skipper to have won the Louis Vuitton Cup and raced the America’s Cup Match. The Italian that skippered Prada Challenge to the America’s Cup match in 2000, talked to our colleagues at Zerogradinord.it about the current state of affairs of what is considered to be the pinnacle event of our sport.
Many thanks to Pierre Orphanidis (VSail.info) for the translation.
ZGN: Thanks for the time you decided to grant us and welcome on Zerogradinord.it. Given the interest last week’s interview with Vasco Vascotto aroused, my first question is almost a must: Are you part of that ninety-eight percent that criticizes the new America’s Cup or do you belong to the small minority in favor of it?
FdA: I do not see myself confined in that ninety-eight and two percent. Zerogradinord.it asked me to to express my thoughts and it’s my pleasure to do so but my words are not a response to Vasco’s statements, who nevertheless had the merit of starting an interesting discussion. In his interview there are many ideas I share and other things on which I have a different view. Now the plan is done, the real competitors are less than what we hoped for, but if you want to be objective we should wait until 2013 to make an assessment. For the moment, everyone can express their point of view or talk about what they would have done if they were the Defender. We are faced with an ambitious and difficult project. We all know how much publicity and promotion the America’s Cup represents for sailing and yachting in general, so, in reality, we should all be fans and this is very important to us. Whoever has decision-making power in the organization of the Cup should feel this responsibility towards the sport, its practitioners, the public and also act genuinely in the interest of all of them.
ZGN: If one wanted to renovate the America’s Cup was it necessary to focus on multihulls or could we have chosen a different way?
FdA: Change was necessary and change of the class was indispensable. Monohull or multihull? Everybody have their own opinion. I consider that sailors, being professionals, would succeed, through training, to match race even using a different platform. Surely the general public has been able to get passionate about sailing through years of television broadcasting and is now in position to understand the most important rules that, we should always keep in mind, are very difficult. Obviously, all that will radically change, because the introduction of multihulls will impose profound modifications to the Racing Rules, which at present don’t allow umpires to umpire a duel on those new platforms. Whether the catamaran is suitable or not is, as a result, something we will see later on. It will also depend on the type of race courses they choose, the new rules and the racing format.
ZGN: The Cup teaches us that the Defender always has its advantages but it is widely believed that Oracle Racing moves towards the defense of an unbridgeable gap. Is it truly like that?
FdA: History tells us that a challenger can beat the Defender. Without any doubt, Oracle Racing find themselves with a very big head start, but not only on the technological aspect, because at the end of the day the wing isn’t as complex as people initially thought. The advantage the Americans have lies in having well selected their personnel, taking advantage of the transitional period between their victory and the presentation of the new format. They were able to strengthen all areas they thought could be improved. Then, don’t forget that the Defender is working on all cylinders since almost four years. From a structural standpoint, the engine is very well organized: the loop between the design team, the boatyard, the sailors, the technical staff, has always been active. It will really be very difficult for the challengers… but not impossible.
ZGN: Shortly before Oracle opted for the multihulls, ISAF had decided to remove them from the Olympic games. Now, after Oracle’s decision they are changing their mind again. How do you interpret this “contradiction” within the world of competitive sailing?
FdA: That’s an interesting observation. Not so much for the decision itself, since it could be argued that the Defender chose the platform on which they feel the strongest for the 2013 Cup. It would be interesting to understand what was the real process that led to choice of the multihulls. I think in fact that there were far more challengers interested in a monohull Cup. But then, since it was probably taken in a unilateral way, it was a legitimate choice. Regarding the crux of your question, ISAF’s reversal, in addition to an unclear vision of what could make sailing more “popular”, it puts in evidence a division of the environment, and this is a big problem for sailing. I consider it a missed opportunity that from 2010, the people that found themselves with the power to manage the America’s Cup and take important decisions by virtue of their results on the water, didn’t think to gather around a table the people that are considered to be a reference in our sport. It would have been possible to work on a coherent plan for the long-term recovery of our sport.
ZGN: Was the introduction of the AC45 class necessary? Couldn’t we have skipped that step and go directly to the AC72, setting the Cup at 2014?
FdA: The AC45 is a beautiful project, no doubt about it, but it represents an additional cost for the teams. If you already have a tight budget and then you have to eat a part of it into this boat and its related circuit, it’s obvious you are burning resources otherwise spent elsewhere. I sense the vision of that project, I perceive positive things but it certainly is challenging. My question is: Does the next America’s Cup have to necessarily be something similar to Star Wars or, given the way the world is changing, can you still maintain a very high technical level but being closer to the real world? Can you have a more frugal version of it? I cannot forget the beautiful editions in New Zealand. We read in the media that the city of San Francisco and America’s Cup Race Management are looking for US$ 300 million to spend in the organization. Do you really need 300 million dollars for three months of racing? If you then add the budgets of six-seven teams that will spend, let’s say, on average 50 million each, you get a a bill of up to 600 million dollars. These are huge numbers. Meanwhile, Barack Obama talks about reducing the budget deficit by 1,100 billion dollars. I put myself in the shoes of a company: I want to promote my brand but I also have certain demands on responsibility, on ethics in respect of my employees and the community. Hence, I want my investment to follow a given project and to have certain characteristics. If the event gives the impression of being a battle between mega-billionaires that is an image which does not mean that I identify with.
ZGN: We have repeatedly mentioned the word “budget”. What would you tell an owner that approached you with the intention to race in the America’s Cup and asked you how much it would cost?
FdA: To participate or to try to win? In the past I would have told you: it costs what it costs… and there’s someone that participated that way, even recently. I believe that, with the available information right now, and we still lack more, the budget of a top team is not unlike the ones from 2007. I don’t see any drop in costs. You might have less sailors in the crew but it’s not just with the reduction in the number of athletes that you contain the budget. It’s true that personnel is one of the most important expenses, but the research necessary for the project, the duration of the campaign and logistics are also major items and compared to them the expenses related to the yachts and their construction are lower. In nay case, you find the money if the event is of quality, sustainable, spectacular and communicates emotions and right values. Keep in mind that the sensitivity of people is changing rapidly, we’ll see …
ZGN: Will the next America’s Cup be competitive or marked by large speed differences?
FdA: The history of the event tells us that every time there is a rule change there are greater differences in term of performances. However, this one is also an opportunity for teams that, even with limited resources, hit the nail on the head with the right choice. I believe that a lot will be played on the design of the wing. The hulls are not, after all, that complex to design. I’m not underestimating the task of the designers but I see more of an advantage if you design the wings well. A lot will also depend on the weather differences San Francisco will present between the selection series and the match: the Defender could focus the design of its platform on a very very narrow weather window. I’m also very curious to see how the races courses will be: there’s the need to keep the yachts close in order to emphasize their spectacular nature and put the focus on the sailors that will be called upon to make the difference. In addition, as I was saying earlier, a lot will also depend on how the racing rules are altered. This is a very delicate aspect. We practice a sport that forces you to study the rules every year, something that already atypical in itself. We now have an event program for 2013 and we still don’t know anything in terms of rules. We say it’s alright because we are professionals. But let’s put ourselves in the shoes of a simple fan that followed sailing during the night when it was in Auckland or when it was in Valencia and forced himself to learn the rules in order to understand what he was watching. What do you tell him? It will certainly be easier for those that follow the races for the first time.
ZGN: You mentioned San Francisco. Do you agree with the Defender’s choice to take the Cup across the ocean?
FdA: Well, for God’s sake, it took them three challenges to win and they are from San Francisco. I would also bring the Cup home if I won. It’s a very beautiful place, a natural theater. I don’t think this is the problem. Of course, it’s important to have a circuit that visits many countries but in that case as well, it depends on how much many you have in the bank.
ZGN: Being one of the key players you had the opportunity to assess Alinghi’s preparation prior to the 32nd America’s Cup. What approach would you judge as better, the Swiss Defender’s or the American Defender’s?
FdA: Again, you need a premise: in order to make the rules you first have to win the Cup. Those that haven’t won must respect the role and prerogatives of the Defender. Having said that, it is undeniable though that the 2007 edition enjoyed the change of continent, because for the first time in history the Cup came to Europe and this greatly contributed to growing the excitement around the event. We also have to recognize Alinghi‘s great merit of introducing the idea of the Acts that by visiting different nations raised the expectation in respect of the event. The result was a Cup that everybody remembers as one of the best ever because it was rich in teams, public and marked by an extremely high technical level. It was the cup of big numbers, in all aspects. Having gone through that, I know that were satisfied all the necessary prerequisites in order to sit on a table with sponsors. Whoever might fund you must immediately know where, how and when because otherwise they don’t even bother valuing your project. Unfortunately, the change imposed in 2010 still lacks important data. We recently learned that the match will be in San Francisco in 2013 but we still don’t know the dates and locations of the of pre-regattas, TV production, TV rights, etc, etc. This, regardless of the amount of money needed to participate, doesn’t give you the opportunity to close deals with the sponsors in time for your project to really have a good technical and sports chance.
ZGN: What is the time frame now for a startup America’s Cup team?
FdA: A team that wants to reach the finals already started working when the class rule was officially announced. It’s at that moment that you must have the ability to spend money. I imagine you would build the first boat between June and August of this year. This means you already have a project and boatyard ready, you have ordered the materials. All this while you still lack some key information in order to have sponsors. How do you do it? Paradoxically, the start of this campaign doesn’t favor projects born with sponsor funding but those that have the backing of an owner that carries them, at least in the initial period. The owner is a key figure in the world of navigation, be it commercial, recreational or competitive. He buys the yacht. In the case of racing he’s a figure moved by passion but, at the end, the numbers have to balance for everybody. Since there are very few that can be in the Cup alone, even owners need sponsors.
ZGN: Is it like going back to the J-Class era when the only ones to fight for the America’s Cup were the Vanderbillts, the Liptons or others like them?
FdA: Exactly. It almost seems the initial reasoning was to have a Cup just for a few and that’s all. Basically, you just need only one strong challenger to have a beautiful final. It would have been different if we had received in June 2010 the final program, the class rule, the dates and locations of the circuit… I know well that it wasn’t a trivial task and they should have started even before Oracle Racing won the Cup, but the Defender had the necessary resources and the qualified staff. Had it been that way, I’m convinced that today there would be some more competitors in the list and probably solid ones.
ZGN: An example of owner is Torbjorn Tornqvist of Artemis Racing…
FdA: Indeed, he’s someone that, even in the absence of the entire framework, has the means to face a campaign by himself and decided to go ahead. Maybe he finds sponsors later on. However, there aren’t many like him, in fact there are very few and as a result, the number of real entered teams is limited. Was that the objective given 2013 is so close?
ZGN: It seems there is less interest in this America’s Cup in Europe and many blame the financial crisis. However, we see the America’s Cup on the radar screens of other continents.
FdA: The way I see it, it is wrong to speak of a crisis. Of course, there has been a crisis in the banking sector that started a revolution which changed the world in many aspects. In addition, the economic balances have rapidly changed. Wealth hasn’t disappeared, it simply moved. For me that’s a very important point. If you look at the sales of the major companies, they have actually increased, Oracle for example… We are still facing a historic change, not just a crisis that sooner or later would go away. The are countries that are growing, far away from Europe and I’m not referring to China, India or Brazil that have already emerged. If you look a the 2007 Cup, eight out of the twelve teams were from the Old Continent. With the ongoing change, it simply is a dream if one thinks we could repeat the same percentages we had in Valencia. When I look at all those potential challengers from Europe I immediately think there aren’t enough resources for everybody. In the last two years, I have been able to verify that for myself while I was trying to set up a very good project. Maybe there could be some new reality, coming from other continents, but in that case event organizers should adapt in order to support them create the basic structure for the initial period, because we are talking about projects that lack any experience in that level. However, time flies.
ZGN: Do you think the format of the Extreme Sailing Series is a good example?
FdA: Yes. It’s organized in a way that caters to the needs of the teams and their sponsors. The moment the season is officially presented, you immediately have all the necessary information to look for funding. You know the locations of the events and the calendar, you have the communication plan and the events take place very close to the public. You could argue they do not represent the highest technical level of sailing, but racing is spectacular, fast and fun. It’s a nice circus, in the positive sense of the word. It is rightfully enjoying success because it is well organized.
ZGN: Talking about the Challenger of Record’s role, a lot of people accuse Mascalzone Latino of being too idle. You had the bruden and honor of taking that delicate role in the 2003 Cup. What are the real difficulties in being the Challenger of Record?
FdA: I had that experience in 2003 and, let me tell you, we did a good job, even if at the end it was the official challenger that won (Alinghi). The difficulties depend very much on how things are set up at the beginning and on the vision the Defender and the Challenger of Record have in mind. I remember, strong from our 2000 experience when we reached the finals after a 5-4 victory in the Louis Vuitton Cup finals, we worked with great attention on properly structuring the racing calendar. Our objective was to guarantee the challengers the necessary time to recover and prepare their yacht prior to the start of the finals. I was obviously criticized, because many argued the format was too long, but in reality our vision was shared by the kiwis and the rest of competitors. We also introduced the concept of repechage, in order to give the smaller teams better visibility.
ZGN: Do you agree with the criticism on the current Challenger of Record, Mascalzone Latino?
FdA: Observers like myself can simply comment on how much Mascalzone Latino’s vision has changed since the legal battle between Société Nautique de Genève and Golden Date Yacht Club, when they weer in favor of a Cup in ACC Version 5 yachts. They were in favor of monohulls and then enthusiastically embraced the idea of multihulls. As for the issue of budget containment, if one wants to be competitive I don’t see a big success. Now, as far as their specific work with the current challengers and how much pressure the Defender is putting on the outstanding issues, only someone directly involved can comment.
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